January 19, 2020

[Mostly Weekly #46] Dove sono finiti i gabbiani?

Mostly Weekly #46

La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)

A cura di Antonio Dini
Numero 46 ~ 19 gennaio 2020 
 

“My design process is: me thinking for days about what I’m gonna do and finally doing it in 13 minutes and 42 seconds between two bathroom breaks.” @syswarren 

 

New Year's Resolutions – Foto © Antonio Dini


In questo numero:
Head
Body
Vim Corner
Tsundoku Regular
Tsundoku Poetry Room


Sto lentamente modificando la struttura e il tipo di contenuti di Mostly Weekly, dando più spazio a cose più lunghe e personali. Come sempre, il vostro feedback è apprezzato. Così come l'opera di proselitismo: se vi piace, condividete con chi pensa possa essere interessato. Grazie.


HEAD

Nella mia vita ci sono state infinite serate passate a discutere di estetica, gusto, artisticità e, in sostanza, "questo mi piace e quell'altro no". Avere dei gusti personali ad esempio per la letteratura o per la musica è difficile, ancora più complesso in quest'epoca in cui l'abbondanza è solo una parte del problema. Con Internet sono saltati non solo molti attriti nella distribuzione, ma anche molti dei circuiti economici e sociali, diciamo pure alambicchi e beute, che distillavano l'artisticità di vari prodotti culturali tramite direttori e curatori. L'evoluzione dell'industria culturale ha risentito del passaggio dalla spinta commerciale tradizionale (che insiste sulla superiorità del prodotto X o la bontà del prodotto Y) a quella strutturata del marketing (che sfrutta le debolezze dei consumatori inducendo i bisogni). 

C'è, poi, anche la tendenza a considerare "tutto buono, basta che sia fatto bene" e ad andare in ascensore su e giù fra gusti diversi. Se vale tutto, allora ecco che Ian Fleming diventa uno scrittore geniale (e per carità, massimo rispetto: lo dico in modo ironico pur adorando i suoi romanzi, vedi lo Tsudoku di oggi) ed Elio e le Storie Tese il pinnacolo della musica nostrana (sapeste le discussioni in famiglia, al riguardo).

Già è difficile scoprire cosa ci piace, qual è il nostro gusto. Figuriamoci avere un pensiero, un gusto più generale, una visione del mondo che non sia stata pensata da qualcun altro. Soprattutto in un Paese come il nostro in cui sui giornali passano storicamente solo recensioni entusiaste di qualsiasi porcheria altopagante: per leggere le stroncature bisogna cercarle sulla stampa estera. Ma arrivare poi a decidere cosa è "sopra" e cosa è "sotto" (e cosa sta nel mezzo), diventa un problema forte perché si scontra con idee più complesse e sfumate: estetica, appunto, e visioni relativistiche contro quelle idealistiche del mondo.

Non sempre è così. Ci pensavo all'inizio della settimana guadando questo video su YouTube. È una puntata del Mike Douglas Show del 1971 con ospite Buddy Rich. Buddy Rich è stato uno dei più importanti e influenti batteristi del novecento, ed era solo ed esclusivamente un batterista jazz. Ma dotato di una tecnica pazzesca, estremamente potente e velocissimo, capace di muoversi con abilità in passaggi molto complicati e dare profondità ed emozione anche a ritmi apparentemente banali. Quello che faceva questo figlio di immigrati ebrei a New York è diventato standard o riferimento. Aveva anche un carattere terribile: litigioso, pronto a esplodere, autocentrato e caustico, con opinioni forti e inflessibili. Un caratteraccio in un personaggio odioso ma dal talento e dalla capacità immensi. 

Nel video al minuto 9:45 inizia la sua tirata contro la musica Country, che Rich odiava con tutte le sue forze (finisce a circa 15:45). Quel che dice Rich è più o meno questo: ascoltare solo cose semplici e prive di qualità e contenuti, come la musica country, ci impoverisce tutti. E che i virtuosi di quel genere – salta fuori con malizia il nome di Chet Atkins, perché è considerato un monumento della chitarra – sono fiorellini di campo rispetto ai titani del jazz. Inoltre, secondo Rich non serve essere musicalmente competenti: "basta un po' di orecchio e di tempo per ascoltare". Insomma, spingere sulla musica country (e viene da pensare che anche il rock stia da quelle parti) fa solo male. 

La critica principale a questo intervento viene dall'attitudine dispregiativa di Rich. È considerata totalmente fuori sincrono con i suoi e soprattutto con i nostri tempi. Attitudine impopolare e quindi censurabile, ma in maniera educata: tramite l'oblio (come si diceva una volta: tronca e sopisci). Eppure, un fondo di verità nelle parole di Rich c'è. Le cose non sono tutte uguali. Noi non siamo tutti uguali. Ma sostenerlo è difficile e fraintendibile. 
 

BODY
Sconfiggere il cancro con le nanoparticelle

C'è una ricerca particolarmente promettente che utilizza le nanoparticelle come veicolo per uccidere le cellule cancerogene in maniera non distruttiva per il resto dell'organismo. In pratica, le nanoparticelle entrano nella membrana delle cellule cancerogene e scaricano degli ioni di sodio all'interno della cellula, uccidendola. Possono agire anche in maniera preventiva, diventando un vero e proprio guardiano anti-cancro, cioè in buona sostanza una specie di vaccino. Nella sperimentazione sui topi hanno fermato il 66% della crescita di un tumore rispetto al gruppo di controllo, senza effetti collaterali per il resto del corpo. Le nanoparticelle infatti si trasformano in micrograni di sale quando finiscono la loro vita.

Il ritorno dei virus del passato (a cui siamo totalmente impreparati)
C'è un'altra ricerca, che invece fa paura. Un gruppo di scienziati, infatti, facendo delle ricerche nella pianura tibetano, ha trovato in fondo ai ghiacciai (che si sta sciogliendo) dei virus sconosciuti. Per la precisione, sono stati trovati i genomi di 33 virus, 28 dei quali completamente sconosciuti alla scienza. È difficile fare questo tipo di studi perché il rischio è sempre quello di contaminare i campioni. Adesso però c'è un problema diverso: il riscaldamento globale sta alzando le temperature, che a sua volta fanno sciogliere e ritirare i ghiacciai, liberando microbi e virus (capaci di vivere per millenni in stato di ibernazione) totalmente sconosciuti al nostro sistema immunitario e, in alcuni casi, estremamente pericolosi, In passato questo ha già provocato epidemie che, si teme, in futuro potrebbero diventare molto più frequenti e pericolose. 

Se morite in casa, il vostro cadavere verrà mangiato dal gatto di casa (per tacer del cane)
Un articolo singolare, partendo da un dato singolare: la ricerca fatta alla "body farm" della Forensic Investigation Research Station alla Colorado Mesa University. Qui, con cadaveri donati alla scienza per la ricerca e lasciati a macerare all'aria aperta per studiare il tempo di decomposizione, si è scoperto che nottetempo arrivavano un paio di gatti e mangiavano la carne frollata. Sempre dallo stesso corpo su 40, oltretutto, perché i gatti sono animali notoriamente "choosy", o per meglio dire in inglese, "picky".Lo fanno ovviamente anche i cani, come sanno pompieri, equipaggi di ambulanza e patologi di mezzo mondo. Il punto è che il vostro gatto o cane, se scivolate battete la testa e restate secchi per terra in casa, prima vi guarda, poi gli viene fame e vi mangia. E non c'è niente di strano: non siete né un cane né un gatto, dopotutto. Siamo noi a umanizzare e a proiettare la nostra affettività, valori e tabù (incluso il cannibalismo) sugli animali. Che, lo ripeto, non sono persone. Tant'è vero che, con sottili differenze culturali, non esitiamo (e non esiteremmo) a mangiarli. Ripeto: i gatti e i cani non sono bambini o adulti pelosi. Sono animali. Molto intelligenti e addestrabili, ma degli animali. Li tenete in casa perché servono a riempire dei vuoti affettivi ed esistenziali, ma sono sempre degli animali. 



VIM CORNER
Venti anni dopo è cambiato tutto

Programmare è diventato uno sport molto differente rispetto al passato. Sicuramente rispetto agli anni Quaranta e Cinquanta, ma anche rispetto agli anni Ottanta. E, perché no, rispetto al 2000. In questo articolo, che è in realtà una serie di glosse spesso surreali, altre volte estremamente tecniche. Comunque, oggi si lavora su ecosistemi di librerie con i gestori di pacchetti, si scaricano app che sono in realtà pagine web con un browser attorno, le IDE sono diventate universali (o almeno così piacerebbe a Microsoft), la sicurezza è una cosa seria anche per l'ingegneria del software. E nei linguaggi ci sono paradigmi differenti che comandano tutto. Interessante.

Anche se certe cose non cambieranno mai
Comunque, se anche è cambiato moltissimo, ci sono alcuni aspetti che non sono cambiati. Nonostante abbia preso sempre più quota negli ultimi due o tre anni il movimento "no code". L'idea cioè che sia possibile costruire intere applicazioni utilizzando la business logic anziché scrivere codice. Cioè, che non c'è più bisogno di essere degli sviluppatori software completi (che costano caro, oltretutto) per fare software, ma basti "girare rotelle prefabbricate", per così dire, per creare nuove applicazioni. È una illusione. Il movimento "no code" è una illusione perché il concetto stesso non funziona: del codice astratto è sempre necessario per scrivere un programma, e meno sintassi c'è, più è rigido il programma. Si può scambiare il codice per delle "configurazioni", ma si tratta di applicazioni molto specifiche e non utilizzabili in generale. E comunque salta quasi completamente la flessibilità. Certo, con il "no code" si possono fare in modo molto rapido dei prototipi di un applicativo, ma nella successiva fase di realizzazione di uno o più programmatori ce ne sarà sempre bisogno, non temete. 

E non dimentichiamo che sono le persone a contare
Un ragionamento costruito attorno a una serata al cinema: va tutto male e il cinema non ha il personale adatto per rispondere al problema, dovuto a una eccessiva automazione del funzionamento del sistema. È un classico, soprattutto negli Stati Uniti, ed è dovuto sia al desiderio di automatizzare tutto, sia alla cattiva progettazione e implementazione dei software e delle policy di funzionamento. Però l'esempio di un cinema dove non c'è nessuno che sappia risolvere un problema di audio del film che in realtà arriva in streaming da dei server remoti (o che possa dare un rimborso, se poi uno il film non riesce a vederlo) è un esempio quasi universale di come possono evolvere male le cose. Un problema di strategia, non di tecnologia, ma sempre un problema. 

Alcune piccole cose
Se avete un iPhone e troppe persone che vogliono interrompere il flusso del vostro lavoro per riunioni, meeting etc, sappiate che esiste una app che si chiana Look Busy (e ahimè che costa 5 euro) che riempie il vostro calendario di appuntamenti finti ma impossibili da distinguere da quelli veri. Penso sia una fregatura, soprattutto a pagamento: come istallazione artistica invece penso sia perfetta. Invece, per viaggiare nel tempo, ecco a voi Petmate (Mac e Win), che permette di disegnare (o editare) immagini in PETSCII, lo "standard" testuale del Commodore 64. È l'occasione in realtà per segnalare ancora una volta una applicazione meravigliosa per Mac, cioè Monodraw, che consente di disegnare e scrivere usando il testo semplice. Ascii art insomma (ma anche siti web come questo). Mentre chiude Hipmunk, arriva JetBrains Mono, il font gratuito e open source per gli ambienti di sviluppo (loro sono quelli dietro a Kotlin). E chiudo con Diary Email, il sistema (a pagamento) per tenere un diario utilizzando la posta elettronica: cioè mandi le tue mail con dentro i tuoi pensieri a un indirizzo e lui aggrega il diario. C'è anche la parte social, per condividerlo con gli amici. Quella parte si paga. Ah, e poi c'è questo signore che ha fatto un biglietto da visita che è in realtà un minicomputer con Linux dentro, oltre alle sue informazioni. La cosa divertente è che costa poco di più di un biglietto elegante in carta di lusso. Ma forse già lo sapevate, boh!

 

Night Demons – Foto © Antonio Dini



TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo

  • Il grande freddo di Raymond Chandler. Mi piacciono le serie e le collezioni. Adelphi, come già aveva fatto per i libri di Ian Fleming e vari altri rappresentati della cultura pop, ha deciso di tradurre di nuovo e pubblicare tutte le opere di Raymond Chandler, il papà dell'hard boiled, che per me sa tanto di nebbia a San Francisco. In più, Adelphi è tutta in sconto del 25% fino a febbraio, per questo questa volta si parla solo di lei.
  • Thunderball di Ian Fleming è stato pubblicato da poco (e la serie va a rilento, speriamo finiscano) ma vale la lettura. I romanzi, oltre ad essere notevolmente migliorati con la nuova traduzione, si discostano sensibilmente dai film. Gli ingredienti sono sempre quelli, comunque: «ragazze nude, spie, e armi nucleari», come disse lo stesso Fleming.
  • La ragazza del Kyūshū di Matsumoto Seichō è un nuovo poliziesco dell'autore di Tokyo Express(molto piacevole). Con lo sconto entrambi diventano abbordabili.
  • Topkapi di Eric Ambler. Per allestire un intrigo internazionale, come diceva Alfred Hitchcock, bastano due ingredienti: un’ambientazione esotica – oppure familiare, ma che da un momento all’altro appare sinistra – e un protagonista innocente, preso in un gioco più grande di lui, e potenzialmente mortale. Ambler ci mette del suo ovviamente, e la Turchia fa il resto. Il film è fantastico, ma il romanzo è semplicemente spettacolare.
  • Turbolenza di David Szalay. Una conseguenza imprevista del riscaldamento globale sono turbolenze molto più frequenti rispetto al passato, e soprattutto imprevedibili. Nel mondo fisico può essere vero oppure no, ma nel romanzo di David Szalay i dodici personaggi che da un capitolo all’altro si passano il testimone non sanno davvero cosa potrà succedere, fra il terminal delle partenze e quello degli arrivi, né che esito avrà il loro disperato tentativo di fuga.


TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly

De Letters van Utrecht di autori vari. si tratta di un "poema senza fine" che dal 2012 viene inciso nelle pietre delle strade di Utrecht. Il poema si allunga, si allarga, si espande e cresce grazie alla collaborazione di alcuni poeti e della comunità che li supporta. Il lavoro bello e interessante è quello di creazione delle singole lettere sui sanpietrini e di "inserimento" nella strada. L'unico problema, ahimè, è che il poema non è molto riuscito come opera in sé. 


I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.



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