September 20, 2020

[Mostly Weekly #81] Le narrazioni dominanti

Mostly Weekly #81

‌Le narrazioni dominanti

La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)

A cura di Antonio Dini
Numero 81 ~ 20 settembre 2020 

"A phrase worth knowing and my favourite expression is: ‘Fail like a scientist.’ Everything is an experiment, every failure is an opportunity to learn"
– Anonymous 

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Un benvenuto a questo nuovo numero di Mostly Weekly ai vecchi e nuovi lettori. Nelle scorse settimane avevo cominciato a mettere dei link con affiliazioni commerciali, ma da questo numero smetto. Tutti gli oggetti culturali che trovate sono solo quello: link scelti in autonomia e senza alcun secondo fine economico. Invece, se trovate interessante o utile questa newsletter e, mentre la leggete, volete offrirmi un caffè, con Liberapay potete farlo senza vincoli di spesa: lavoro da anni nei bar di Milano e sono abituato a bere un sacco di caffè, due o tre in più li accetto volentieri. Intanto, buona lettura.

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Le metafore che ci scegliamo, le narrazioni che ci dominano
Nelle ultime settimane in questo spazio iniziale di Mostly Weekly ho affrontato temi importanti ma anche un po' scomodi: il ruolo negativo dei social nella nostra società, le distorsioni che vengono introdotte dai monopoli, le disparità sociali e la crescente disuguaglianza in cui viviamo. Ho cominciato a raccontare una trasformazione e, nel farlo, l'ho descritta spesso come una vera e propria guerra: viene facile farlo. Tuttavia, mi sto rendendo conto che anche questi pensieri "in negativo" e in forma antagonista non vanno bene. Non sono costruttivi, e per questo introducono delle altre distorsioni. Questa idea mi è diventata più chiara leggendo il saggio Building a Peace Narrative di Charles Eisenstein. Non è breve ma ne vale la pena.

Eisenstein sostiene che il modo di pensare della nostra società è ancorato a una narrazione di guerra: dobbiamo identificare il buono e il cattivo per stare bene e poter crescere. Il punto non è soltanto il modo con il quale combattiamo le nostre battaglie, ma il fatto che costruiamo un intero sistema, un modo di approcciare tutti i problemi, basato su questa idea. Ad esempio: combattiamo l'influenza e dobbiamo vincere contro il coronavirus, battiamo i nostri nemici politici o in ufficio, sconfiggiamo la pancetta o i tratti negativi del nostro carattere. È sempre e solo una guerra.

Scrive Eisenstein:

Ecco dunque lo schema di base del pensiero di guerra. Prima di tutto bisogna identificare la causa del problema, il principale responsabile, il colpevole. Insomma, trovare qualcosa da combattere. Poi, controllare, imprigionare, escludere, uccidere, umiliare o distruggere il cattivo, il responsabile, la causa del male. È a questo punto che tutto va bene. E quanto più siamo capaci di arrivare a questo punto, quanto meglio sarà per la nostra vita. 

Di esempi di questo modo di pensare ce ne sono una tonnellata, e sono affondati talmente in profondità nella nostra materia grigia che difficilmente riusciamo a capirli e a percepirli. Sono parole e schemi che ci abitano, non siamo noi ad usarli ma ne siamo in qualche modo schiavi. Utilizziamo, insomma, una narrazione di guerra per costruire la nostra identità. 

Le persone che si costruiscono un'identità con l'essere "la Squadra dei Buoni" contro "la Squadra dei Cattivi", hanno in realtà bisogno della squadra dei cattivi: hanno bisogno dei loro avversari. Come due carte che si appoggiano l'una all'altra e che si sorreggono a vicenda. Quando non ci sono più i cattivi, c'è la crisi, una specie di vertigine politica, e una corsa disperata alla ricerca di un altro cattivo (...). Il nostro primo approccio è sempre quello dello scontro perché siamo abituati a vedere il mondo in termine di buoni e cattivi. Per questo motivo lo scontro diventa la nostra risposta di default, il nostro riflesso condizionato. 

L'antidoto, perché c'è un antidoto, è costruire una "narrazione di pace". Un modo diverso e nuovo di pensare noi stessi e gli altri, che richiede però che prima «ci deprogrammiamo dalla condanna della solita domanda: "da che parte stai?"». Come si fa? Ci si comincia a chiedere quali sono le cause, anziché giudicare i sintomi di una situazione. Una narrazione di pace richiede una maggiore comprensione. Perché quella persona è così avida o arrabbiata? Perché è violenta verso quelle altre persone? Perché questo è contro quello o viceversa? Lo scopo è capire quali storie e quali altre narrazioni diano la forma al loro sistema di pensiero e alle loro credenze. Quali esperienze di vita abbiano fatto, da dove vengano e cosa pensino. Chiedersi queste cose, secondo Eisenstenin, apre all'intuizione, alla comprensione, a nuove possibilità di cambiamento.

C'è da fare un passaggio interiore: capire che ogni volta che applichiamo una forma di pensiero basato su una narrazione di guerra, in realtà ci facciamo del male da soli. La relazione tra tutte le cose non permette che una parte venga colpita senza che lo siano anche le altre, inclusi noi stessi. Siamo interdipendenti sia da un punto di vista esistenziale e morale che, come si è visto in questo periodo, anche da un punto di vista pratico. Per questo motivo vedere gli altri come un nemico è in realtà vedere il nemico in una costellazione di relazioni che include anche noi stessi.

C'è moltissimo da leggere e da capire, ma fondamentalmente c'è da riflettere su quanto la narrazione dominante di ogni epoca ci determini. E quanto invece possiamo fare per essere noi a scriverla, dettando in modo volontario quel che vogliamo essere. 

 

La settimana della moda – Foto © Antonio Dini
 

Tsundoku-logica
La brutalità della vita in una lista di dodici libri (in inglese). Dentro ci trovate Cormac McCarthy, Samuel Shem, S. C. Gwynne e Rory Miller. Intrigante.

Demopatìa mi è stato suggerito da un conoscente. È un bel libro di Luigi Di Gregorio (Università della Tuscia) che ha un unico difetto: è lungo. Solo che il difetto non è suo ma nostro(mio). Cioè, non siamo e non sono più abituato a leggere cose lunghe. In questo caso, una analisi del malessere democratico passando per sintomi, diagnosi e terapie possibili. Poteva stare tutto in un breve viaggio di venti pagine, ma si sarebbe imparato molto meno. E siccome il viaggio è la ricompensa, meglio così. 

Keep Scrolling Till You Fell Something è uno di quegli acquisti che si fanno d'impulso e che poi contempli con espressione rapita e al tempo stesso terrorizzata. Ricordo quando McSweeney (l'editore creato da Dave Eggers) cominciò a pubblicare le sue cose online dietro alla app della sedia nera e che prometteva di partecipare alla rivoluzione digitale dell'editoria che poi non fu. Le cose online erano quella "Internet Tendency" che adesso ha compiuto 21 anni ed è raccolta in questo volumotto dall'aspetto biblico ma dal gusto assai profano. Per palati fini e scherzosi.

Hackers di Steven Levy racconta la storia degli "eroi della rivoluzione informatica". È forse il primo libro famoso (uscito nel 1984, da noi lo pubblicò la Shake nel 2002) dell'ex giornalista di Newsweek passato poi a Wired, che oggi è il decano del giornalismo tecnologico nella Silicon Valley. Non c'è praticamente niente del suo lavoro che non avrei fatto volentieri anche io. Ah, che gli "hacker" siano tutt'altra cosa dai pirati informatici non ve lo sto neanche a dire, vero? 

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Yamatologica

Le scimmie di Fukushima
Il tema è semplice: sono passati nove anni dal terremoto, tsunami e infine incidente nucleare – tutta una catena di eventi – che ha costretto centinaia di migliaia di persone ad abbandonare l'area di Fukushima. La natura ha ripreso parte dei suoi spazi. Negli anni successivi pian piano gli ordini di evacuazione sono stati cancellati perché il livello delle radiazioni è calato (ed è stato anche fatto calare artificialmente), creando una situazione piuttosto complicata: nei villaggi della zona ci sono le scimmie (gli orti inselvatichiti della zona sono tutt'ora una risorsa di prelibatezze per questi animali) e questo è un problema perché chi torna ad abitarli sono soprattutto gli anziani. Le scimmie hanno preso confidenza con gli uomini e ci sono situazioni piuttosto tese, con aggressioni e piccoli ferimenti. Le scimmie attaccano in branco e possono essere anche pericolose in modo gratuito (dopotutto sono nostre cugine). Il risultato è che il governo locale sta fornendo fuochi d'artificio come prima forma di auto-aiuto per i residenti che tornano a vivere nelle loro vecchie case ma non possono gestire le scimmie perché sono troppe. Dall'altro lato, siccome le scimmie sono specie protette, chi vuole tornare nella sua vecchia casa deve firmare un documento in cui promette che non ammazzerà o non farà del male agli animali. I fuochi di artificio fanno luce e rumore per spaventarle, ma sono realizzati in modo da non essere pericolosi per le bestiole e, si spera, neanche per chi li usa.

Una differente bellezza
La parola di oggi nel nostro corso tematico di giapponese è Fukinsei, che vuol dire "bellezza nell'asimmetria". Il presupposto è che la simmetria rappresenti la perfezione e che, come tale, sia aliena all'esperienza umana. Invece, una forma d'arte deve consentire la percezione di possibilità alternative, ammettendo l'idea del cambiamento e trasformazione.

Non c'è una risposta
Altra parola del nostro corso tematico di giapponese: letteralmente Shōganai vuol dire "non esiste alcun metodo corretto", ma il significato più profondo si trova per contrasto rispetto alla razionalità occidentale che porta invece sempre al bisogno di stabilire dei nessi di causa ed effetto per qualsiasi cosa. Al contrario, secondo lo Shōganai possono succedere cose – e succedono – che non hanno alcun senso, sono prive di significato se non il fatto che accadono. La parte difficile è lasciar andare se stessi, il proprio io, ciò su cui si basa il proprio senso del sé, per accettarle.

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Importantologica

Il db di Shenzhen Zhenhua
C'è una azienda cinese, la Shenzhen Zhenhua, che collabora con l'intelligence militare e altre agenzie di sicurezza cinesi, che ha messo insieme un database di 2,4 milioni persone influenti, dei loro figli, parenti, indirizzi, preferenze, odio e orrori. È un registro enorme, che tocca vari Paesi inclusa l'Italia e che è stato scoperto da dei ricercatori accademici americani. L'approccio dei ricercatori è stato spacchettare il database a seconda dei Paesi coinvolti, chiamare un giornalista per ciascun Paese, fargli vedere le liste, preparare gli articoli e poi uscire tutti insieme in tutto il mondo. Da noi è stata la bravissima Giulia Pompili del Foglio (che ha anche una notevole newsletter di cose asiatiche: Katane). È una lettura inquietante e che fa pensare ancora di più perché i dati non sono tutti pubblici. Cioè, circa l'80% delle informazioni sarebbero state raccolte da "fonti aperte", vale a dire da Internet, giornali e banche dati pubbliche. Ma un 20% del contenuto sarebbe stato raccolto in altri modi, probabilmente rubando i dati. Con una mole di dati di questo tipo la Cina può manipolare o influenzare moltissime persone, passando attraverso una rete di influencer e VIP già schedati. 

La scuola automatica
L'intelligenza collettiva è un tema affascinante. Il risultato è sempre sorprendente: i singoli non sono dei geni ma complessivamente trovano la via per diventarlo. Ma questo non è assolutamente tenuto di conto quando si costruiscono soluzioni agghiaccianti come quello dei sistemi di insegnamento automatici. Attenzione: oggi sono negli Usa ma stanno arrivando anche da noi: è più un tema di quanto ci vuole a localizzare il tutto che non la volontà di non farlo. In particolare, in questo caso dei gruppi di studenti hanno capito quando gli esami che sostenevano online era fatti dalla piattaforma Edgenuity sulla base di un algoritmo che poteva essere ingannato semplicemente aggiungendo alle risposte una stringa composta da termini in sequenza che sono in relazione a quelli della domanda. Edgenuity è una piattaforma online usata negli Usa da 20mila scuole e include 20 dei 25 distretti scolastici più grandi del Paese. Le risposte brevi sono circa il 5% del contenuti dei corsi di Edgenuity, ma riuscire a barare con l'algoritmo anche solo su questo sottoinsieme ha un impatto significativo sul voto finale. In realtà gli insegnanti potrebbero rivedere i compiti, valutare le risposte e dare punteggi diversi, ma secondo le statistiche di Edgenuity questo non accade quasi mai. La scuola automatica non è un rischio, è un enorme sbaglio disumanizzante.

Non-fondatori di non-startup
Non mi piacciono le startup e l'idea che c'è dietro. La trovo una manifestazione disumana di un capitalismo che non condivido. Per questo ho trovato interessante il ragionamento che segue: essere un fondatore ha molti lati negativi. Il primo è che bisogna dare il proprio massimo impegno nei confronti dell'azienda che si è fondata e degli altri co-fondatori. Alle volte questo distrugge le relazioni personali, soprattutto il matrimonio ma anche le amicizie e i rapporti di vicinanza più deboli e fragili, oltre a portare con sé un grosso rischio economico. Se anche il venture capital investe nella startup, argomenta questo post, nella speranza che abbia successo, il vero risultato è che il fondatore che così fortemente si è identificato con la startup perde il senso del sé. Ci sono altri modi per arrivare dove si vuole arrivare, senza bisogno di diventare dei fondatori, cioè delle persone che dedicano la loro vita a un prodotto commerciale (perché poi è di questo che stiamo parlando). 

Della differenza tra tra Junior e Senior
Che differenza c'è tra un programmatore junior e uno senior? Facciamo un tuffo nel mondo aziendale americano – perché oltre ai metodi di lavoro ci sono anche le strutture culturali e aziendali da prendere in considerazione – e seguiamo questo ragionamento: la vita di un nuovo membro del team è molto diversa da quella di un membro senior. I junior tendono a scrivere codice per più tempo e a partecipare a meno meeting rispetto ai loro senior. I senior invece si sentono come se non riuscissero a completare niente a meno che non si rendano conto che il loro ruolo è quello di facilitatori per i junior anziché continuare a guardare la loro stessa produttività. Quando i junior hanno dei problemi, l'alternativa è semplice: o passano un sacco di tempo a cercare una soluzione oppure si possono consultare con i loro senior. Quest'ultimo approccio permette di risparmiare tempo e denaro. I senior però devono anche poter proteggere il loro tempo per specifiche attività e continuare ad ottimizzare la loro agenda. Inoltre, serve creare un sacco di documentazione e anche salvare le risposte alle domande man mano che vengono fatte: si risparmia una montagna di tempo. Infine, prima di costruire qualsiasi cosa da zero, bisogna guardare se ci sono cose già fatte o risposte già date a quegli specifici problemi, anche solo per trovare le indicazioni giuste. Alcuni di questi concetti secondo me si applicano in molti altri ambiti lavorativi. 

Datacenter sottomarini
La notizia ha già fatto il giro del mondo perché è abbastanza surreale ma, a mio avviso, poco compresa e quindi la ripropongo qui. Microsoft ha tirato fuori dall'acqua un datacenter che aveva affondato due anni fa in un contenitore ovviamente stagno. Fico, ma a che serve? A bordo del silos c'erano 855 server e solo due si sono rotti dopo due anni, un dato molto inferiore rispetto a quello dei datacenter tradizionali. Il risultato in parte è dovuto alla presenza del nitrogeno usato al posto dell'ossigeno, perché tanto non doveva entrarci nessuno. Inoltre, il raffreddamento è costato meno, perché sott'acqua lo scambio termico con l'ambiente circostante (molto più freddo) richiede meno energia. La metà dell'energia in un datacenter tradizionale viene usata per raffreddarlo (i chip non sono molto efficienti da un punto di vista termodinamico). Inoltre, un datacenter sottomarino è più sicuro e protetto anche senza bisogno di costruirci attorno una infrastruttura particolarmente complessa. Insomma, costa meno farli, costa meno gestirli, funzionano meglio e più a lungo. Questo era il senso. 

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Variologica ed eventualogica

La bussola naturale
Ci sono degli animali che non hanno semplicemente il senso dell'orientamento: puntano dritti al nord. Ora, gli uccelli hanno nell'orecchio dei pezzetti che noi non abbiamo per riuscire a dare loro la percezione dello spostamento in tre dimensioni (motivo per cui i piloti degli aerei utilizzano l'orizzonte artificiale e per il quale, senza riferimenti visivi esterni, possono essere indotti lo stesso in errore quando non percepiscono una accelerazione o decelerazione). Però finora nessuno si era spiegato per bene come animali come le tartarughe marine, gli uccelli, i pesci e le aragoste (più vari altri) riescano a percepire il campo magnetico della Terra, cioè il nord, e a navigare in maniera impressionante sulla superficie o nei mari. Dopo 50 anni di ricerca pare che ci siamo: abbiamo capito come fanno. Ci sono degli animali che hanno una relazione simbiotica con dei batteri "magnetotattici" che sono infiltrati e crescono nel loro sistema nervoso (un po' come la roba che noi abbiamo nello stomaco e nell'intestino, per intendersi, solo che questi dicono da che parte sta il nord). Come funziona: i batteri magnetotattici (spero si traduca così, perché ne ignoravo l'esistenza e quindi il nome) sono un tipo di batteri il cui movimento è influenzato dai campi magnetici. I ricercatori hanno trovato resti del Dna di questi batteri dentro vari animali morti e in altri vivi ne hanno trovato dei piccoli quantitativi. Cercarli è una procedura un po' complessa e, diciamo, definitiva per l'animale. Per adesso non è chiaro dove siano, quanti siano e come funzioni la simbiosi nei dettagli. Però l'idea è che i batteri siano annidati nel tessuto nervoso di certe parti del cervello o del corpo dei vari animali e il loro movimento si traduca in "impressioni" e "sensazioni" che alimentano la propriocezione degli animali, dandogli la sensazione "dall'interno" di dove si stanno dirigendo rispetto al campo magnetico terrestre. Bestiale. 

Le nuove metriche
La storia è strana: l'articolo cominciava come una specie di lamentazione dell'editorialista che dopo venti anni viene licenziato e non pubblicherà più la sua augusta opinione sul prestigioso quotidiano canadese, diventando "irrilevante". Poi, continuando a leggere, questo articolo di Russell Smith su The Walrusdiventa qualcosa di diverso. E l'irrilevanza non sta tanto nei temi scelti - che sono invece intelligenti e condivisibili – o nella decadenza della testata, bensì negli algoritmi che selezionano e preferiscono altri discorsi. Insomma, gli algoritmi entrano nel merito delle nostre preferenze giocando l'antica carta dell'oblio: molti argomenti non sono più rilevanti. 

Hubble, Giove ed Europa
Tra non molti anni verrà superato, per adesso il telescopio spaziale Hubble ci regala le immagini più belle che possiamo guardare, incluse quelle di Giove riprese ad agosto (quando il pianeta si trovava a 653 milioni di chilometri dalla Terra) e del suo satellite Europa. Il dato saliente è la nascita di una tempesta che sta creando un altro "occhio" come il Great Red Spot, il cambiamento di colore dell'altra tempesta, Red Spot Jr, vicina a quella più grande (che a sua volta sta riducendosi di dimensione). Questi giganteschi gorghi millenari che solcano la superficie del pianeta sono sostanzialmente delle tempeste in corso, dei tremendi incroci di flussi di gas e materia: il Great Red Spot misura 15.800 chilometri di diametro. Le immagini sono nell'articolo.

Isolati
Ivo Zdarsky è nato in Cecoslovacchia ma la sua vita si è fatta più interessante dal momento in cui ha deciso di vivere in un hangar riadattato a loft in una città fantasma (di cui è l'unico abitante) dello Utah, che è praticamente un deserto con montagne e lago salato annesso. Vi prego, andate a vedere la sua "man cave" open space. Morirà di un incidente domestico, probabilmente, ma al termine di una vita degna di essere vissuta: lui, il suo televisore 100 pollici e l'home theatre da fantascienza che ha creato (ma finirà all'inferno perché ha messo la moquette ovunque).

Intagliabile
Immaginate un materiale come Proteus, che non può essere tagliato, creato riorganizzando microscopiche sfere di ceramica con la struttura cellulare dell'alluminio. Proteus ha solo il 15% della densità del ferro (quindi è leggero) e può resistere a strumenti da taglio come tenaglie, lame e trapani. Il suo design è ispirato alle conchiglie dei molluschi e alla pellicola dell'uva. Il materiale è progettato per essere ancora più difficile da tagliare quando. danneggiato.

Cotone colorato
Affascinante idea: mutare geneticamente la pianta del cotone in modo che venga fuori già colorato. Il risultato è che si potrebbe arrivare ad avere un cotone che supera qualitativamente i tessuti sintetici perché, essendo naturalmente colorato, può essere trattato in molti più modi e con risultati migliori. Sempre che non ci ammazzi tutti perché la manipolazione genetica introduce elementi devastanti per l'ambiente. Però questo non si può sapere perché non sappiamo letteralmente niente degli effetti di medio e lungo periodo della manipolazione genetica: sappiamo solo come farla. Fico eh? Beh, Csiro sta facendo il cotone colorato. La notizia viene dall'Australia (e da dove sennò?) e già si vede che i risultati sono interessanti. Un effetto positivo potrebbe essere la riduzione o l'azzeramento dei coloranti chimici artificiali che sono inquinanti e la riduzione dei materiali sintetici che a differenza del cotone non si possono riciclare.

Le AI e gli scacchi non euclidei
A un certo punto è stato chiaro: l'intelligenza artificiale ha rovinato gli scacchi. Nel senso che il computer vince sempre. AlphaGo e poi AlphaZero vincono anche contro i campioni "umani" in tutti i giochi: scacchi. Go e Shogi. Questo ha avuto un impatto fortissimo sul modo con il quale i giocatori più bravi costruiscono la loro strategia: in pratica si preparano con altre AI e memorizzano le loro partite: il gioco si irrigidisce in maniera odiosa e si perde l'elemento fondamentale per cui si chiama "gioco": la sua bellezza. Però. Vladimir Kramnik, ex campione di scacchi, ha trovato il modo di rimettere in circolo nel sistema un po' di creatività, insegnando ad AlphaZero nove varianti degli scacchi. Ognuna delle varianti ha delle regole differenti che portano a strategie completamente differenti. Adesso che le macchine sono diventate imbattibili, cambiare le regole è l'unico modo per rendere il gioco di nuovo una forma di arte e creare così delle partite migliori e più belle. 

Apple in cinque minuti
Nuovi Apple Watch, nuovi iPad, nuovi servizi. Tutto spiegato in cinque minuti.

Battere a macchina
Se c'è uno sport che potrei quasi praticare, anche se in modo storto come un po' tutte le cose mie, è scrivere a macchina senza guardare i tasti (o come diavolo si chiama in italiano la pratica). Beh, parere semi professionali: questi sono dei demoni. Negli Usa si è tenuto l'Ultimate Typing Championship (primo premio di 5mila dollari in contanti: buttali via) con il vincitore che ha raggiunto una velocità di battitura ultraterrena. Si chiama Anthony "chak" ed è andato avanti alla velocità media di 208,5 parole al minuto (su testo inglese) con una velocità di punta di 233 parole al minuto. Il video dell'evento dura tre ore e si trova nell'articolo.

La bomba dello Zar
È la più grossa e potente bomba all'idrogeno mai fatta esplodere: era il 20 agosto del 1961 e questo è il documentario che a Mosca hanno deciso di desecretare. Per dare un idea: la RDS-220 aveva una forza distruttiva tremila volte quella della bomba atomica di Hiroshima. Il documentario lo vedete qui

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Audiologica

Un altro pezzetto di Norah Jones live da casa sua, perché questo lockdown è stato una tragedia ma ha anche prodotto una miniera di gemme, pietre preziose e momenti indimenticabili.

Ho un momento prog (che poi è il mio genere d'elezione), perdonatemi. I dischi che sto (ri)ascoltando in questi giorni: Astra degli Asia e, sempre per restare in famiglia, Fragile degli Yes. E poi Journey To The Centre Of The Earth di Rick Wakeman. A sorpresa (perché non c'entra niente), l'Eric Clapton's Rainbow Concert che è un po' una cosa minore di Clapton, ma mi piace.

Per chiudere in bellezza (più o meno), "Shine On You Crazy Diamond" in Jerusalem (uncut), con l'impianto portatile che fischia, il maledetto, ma lo spettacolo è gustoso e surreale. 

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Ludologica

The Last Light
Magic Leap ha licenziato circa mille dei suoi sviluppatori lo scorso aprile, inclusi quelli che si occupano di fare i giochi. L'azienda che fa cose di realtà virtuale – uno di quei filoni che promette, promette, ma ancora non arriva – ha però rilasciato a sorpresa The Last Light, il suo gioco che in realtà è un film di 40 minuti in realtà virtuale. Ed è gratuito (se avete l'aggeggio per la realtà virtuale con cui guardarlo, ovviamente). Praticamente, l'azienda sta abbandonando il settore dei contenuti come The Last Light ma, siccome era finito, l'hanno sostanzialmente regalato a tutti. Qui vi fate una idea su YouTube.

Imparare a fare i videogiochi
La Urf Academy è un whorkshop interattivo per la progettazione di videogiochi dedicato agli studenti delle scuole di liceo di tutto il mondo. Da questo articolo si entra in una guida per costruire un curriculum di livello base. Il corso entry level insegna gli elementi fondamentali di progettazione di un gioco usando dei framework dedicati e dei workshop interattivi. Nel corso si imparano dei concetti chiave della progettazione dei giochi e si crea (sulla carta) un prototipo di un gioco multiplayer.

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Algoritmologica

Quo vadis, GitHub?
Allora, GitHub lo conosciamo tutti, è una specie di porto franco per il codice online. Microsoft se l'è comprato e ha garantito autonomia allo sviluppo del servizio git via cloud. Lo aveva detto anche di LinkedIn, che adesso è diventato una specie di social per il lavoro, con pubblicità e condivisioni. Torniamo a GitHub, non sta cambiando ma anche si. Adesso l'applicativo per la riga di comando GitHub CLI è uscito dalla fase beta e si unisce alla app con interfaccia grafica per la gestione dei repository, soprattutot quelli complessi legati ai servizi GitHub Enterprise Server che sono un po' diversi dai git "normali". Nell'articolo ci sono un po' di esempi, ma la mia paura di fondo è che a un certo punto Microsoft romperà il giocattolo, per lo stesso motivo per cui lo scorpione punge la rana: è la sua natura. 

Pensiero computazionale
Il Mit di Boston ci si mette d'impegno e rende (quasi) libero il corso di Pensiero Computazionale, che poi sarebbe Computational Thinking. Attenzione: non è il modo per imparare a pensare come un computer, bensì quello riuscire ad analizzare i problemi e progettare le soluzioni algoritmiche. Un po' come parlare di "pensiero architetturale" per un architetto o "pensiero giuridico" per un giudice o un avvocato. Attenzione, si lavora con Julia (inteso come linguaggio di programmazione). 

Le API del web
Alcune delle segnalazioni che metto assieme per Mostly Weekly sono un po' vecchie semplicemente perché ce ne sono tantissime che mi segno ma non posso certo tirare fuori tutte in una volta (c'è una certa coda, insomma) oppure perché ci penso sopra e non sono convinto. Il ragionamento qui si applica perché queste API del web, cioè delle application programming interfaces utilizzabili mentre si fanno pagine web non mi piacciono molto e non mi convincono molto. Comunque, in questo articolo ne segnalano dieci e ci sono anche un po' di dibattito su come utilizzarle, degli esempi etc. La mia perplessità deriva dal fatto che le Web API non sono standardizzate e quindi il supporto sui diversi browser è problematico e può variare anche in modo significativo. L'idea è che, se le utilizzate, è meglio creare anche un metodo per il fallback casomai non fossero supportate. C'è poi il link al Web API DemoLab. La mia più grande perplessità però è sull'idea stessa di avere delle Web API: non mi piacciono le conseguenze di questo approccio.

fastmac
fastmac è una cosa molto furba: usa le GitHub Actions per creare un terminale Mac o Linux completamente gratuito. L'esecuzione del processo richiede letteralmente due minuti e c'è anche un video che spiega per bene quali sono gli step da fare. L'idea di avere accesso a un terminale per macOS fatto e finito anche da una macchina Linux è molto interessante, secondo me.

Raspberry Pi all'opera!
Ora che ce l'hai, guarda che ci fai: usare il Raspberry Pi per fare da server locale per app self hosting: nell'articolo si spiega come fare le configurazioni e tutto il resto, inlcusa la parte di connessione del RPi con il MacBook Pro, la connessione alla WiFi di casa, il benchmark della velocità di spostamento dei file, l'istallazione delle applicazioni e via dicendo.

learning
Ok, non è un repo di quelli "Awesome", però insegna lo stesso cose utili: learning contiene una gran messe di informazioni e risorse per imparare la data science: libri, corsi online, articoli scientifici, articoli "normali" e video. La cosa interessante è che i materiali sono stati raggruppati seconda degli skill, ad esempio: come implementare modelli in PYTorch, come inquadrare i problemi del Machine Learning oppure come gestire i dati in un foglio di calcolo. 

Hedy
Un linguaggio di programmazione "graduale", che serve a insegnare a programmare e a farlo in Python. Nel repository c'è tutto quel che serve per imparare Hedy, che man mano che lo studente va avanti rende più complessi i suoi elementi sintattici, permettendo di fare costrutti più complicati. Ci sono per adesso 13 livelli che si occupano di stampa, input, variabili, codici di bocco, colonne, brackets e altro. La cosa interessante di Hedy è che segue dei principi scientifici per quanto riguarda la ricerca sull'insegnamento della programmazione.

Mucchio selvaggio
Questo Diario del Pacifico del nord è pura letteratura. Un gruppetto di sviluppatori ha realizzato un sistema operativo tipo Unix tutto scritto in Rust, si chiama Redox: una macchina virtuale per provarlo la vale. Avete presente Cyberpunk 2077Qui ci sono i loghi che compaiono nel giocoLag è una app alimentata dalla comunità che registra le performance dei WiFi pubblici o simili per aiutarci a scegliere il luogo giusto per le vacanze (nel senso: quello con più banda, ahimè non il contrario). Alla fine l'informatica è l'elaborazione automatica dei dati, quindi i database sono importanti: vale la pena investirci del tempo. E anche studiarne le tipologie e 721 sistemi di gestione. Parentesi: volete un nuovo editor di codice su Mac? Ecco a voi Nova.Invece, sulla Stazione spaziale internazionale è attivo e opera un gruppo di radioamatori con i quali si può anche parlare in Fm. Sui vantaggi di tenere il pane in frigo (occhio: immagini un po' disgustose). Una spiegazione della Dust Theory di Greg Egan (lo scrittore di fantascienza australiano tradotto anche in Italia) che vi farà diventare istantaneamente atei. Ricordando il Piero Angela dell'elettronica americana si chiamava Forrest M. Mims III. C'è un comando da terminale, se non ricordo male, ma in ogni caso qui si può convertire Epoch in tempo normale e viceversa. Invece Endlessh è uno strumento per bloccare la porta d'ingresso delle connessioni SSH ai cattivoni mentre si passa dal retrobottega. Goodreads (di proprietà di Amazon) è una mezza schifezza: secondo me non si può salvare, ma secondo altri invece sì. I programmatori e i colori non vanno molto d'accordo: ecco qui un po' di accostamenti "giusti" per la vostra data visualization

Wikification
Infine, si merita quasi uno spazio tutto suo: quella strana teoria secondo la quale Wikipedia funzioni e si arricchisca di contenuti ben curati (sort of) perché è una specie di gigantesco gioco di ruolo online per le masse: cioè non è un gioco ma ha la stessa struttura e quindi "acchiappa" il cervello per le stesse ragioni. Gamificazione della cultura della folla. Andatevi a leggere la voce di Wikipedia che lo spiega (molto meta) perché l'ipotesi è affascinante e anche intrigante, e perché la prendono molto sul serio articolando la metafora.

 

L'infrastruttura della nostra società – Foto © Antonio Dini
 

Di nuovo, i link non hanno più alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato


 

“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton 

 

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