La fine dell'empatia e la ninna-nanna dei cervelli artificiali
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A cura di Antonio Dini
Numero 87 ~ 1 novembre 2020
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I don’t know why we are here, but I’m pretty sure that it is not in order to enjoy ourselves – Ludwig Wittgenstein
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Ma voi che ne pensate dell'idea che, dopo che il coronavirus ha fatto in tre mesi quello che la digitalizzazione non era riuscita a fare in tre anni, le città cambieranno faccia perché la gente se ne andrà a lavorare altrove, magari in campagna? È la stessa idea dall'inizio dell'informatica di rete, anni Settanta (nomadi digitali anyone?). Ha senso? E soprattutto, potrà mai esistere una forma di lavoro basato su cmc, comunicazione mediata dal computer? Intanto, buona lettura.
La fine dell’empatia.
Negli ultimi decenni il modo con il quale siamo empatici è cambiato radicalmente. Secondo Hanna Rosin, infatti siamo sempre più selettivi su chi sia degno della nostra empatia (il che è paradossale, se ci pensate). Bisogna meritarsela la nostra empatia, sostengono le ricerche, ma se la merita chi decidiamo noi. Empatici sì, ma solo per la nostra squadra.
Troppi libri? Oui mon cher – Foto © Antonio Dini
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Importantologica
I libri sono la ninna-nanna del cervello.
Avrete notato che la pila di libri sul mio comodino sta in qualche modo rallentando e cambiando forma. Si vede dalla scarsità di contenuti dello tsundoku, la rubrica ispirata dalla parola giapponese (積ん読) che vuol dire più o meno “accumulare libri a casa senza leggerli”. C’entra il poco tempo a disposizione, sicuramente. E i troppi libri da leggere. E dalla pressione per la lettura che la parte marketing dell’industria culturale riesce a dare a tutti noi.
È la dimensione stratosferica di libri che ci vengono suggeriti, raccomandati, proposti, spinti. È il numero pazzesco di libri che ci dicono tutti che dovremmo leggere. È l’ampiezza dei possibili interessi che coprono: storie, racconti, classici, poesia (sì, c’è anche quella), spiegazioni sull’andamento dell’universo, interpretazioni di tendenze politiche e sociali, manuali per capire questo e quello, autoaiuto per migliorarsi in quest’altro o quell’altro, per darci un vantaggio competitivo sulla concorrenza, per farci capire qualcosa, per aiutarci a stare alla pari con gli altri (che a loro volta affogano in libri da leggere).
Alle volte è veramente troppo.
Perché si scrivono così tanti libri? Questa è l’epoca del libro come fermaporta, come oggetto che viene prodotto non per essere letto, ma per diventare un prop del marketing, per avviare una conversazione, una comparsata in tv o a un convegno, per essere messo su un tavolo o su uno scaffale. Poi ci sarà un ghostwriter che lo produrrà, pardon lo scriverà, certo. Intanto, il libro diventa il biglietto da visita, una sorta di maternità/paternità da esibire, come un titolo di studio o un master (o, peggio ancora, un dottorato di ricerca) per essere al livello giusto. È come avere il vestito giusto, la giacca con la camicia bianca e la cravatta rossa, per un venditore porta a porta.
Su Internet c’è un’intera industria, una cottage industry come dicono gli esperti (ci sono libri che ne parlano) che si è sviluppata con l’unico scopo di aiutare/spingere le persone a leggere di più. Soprattutto in inglese, ci sono articoli e post che spiegano come bisogna leggere 50, 100, 150 libri all’anno.
Abbiamo veramente bisogno di leggere tutti questi libri? È ragionevole dire di no. Ha senso leggere meno ma meglio, in modo più sensato oserei dire. Facendo attenzione a quello che si legge e perché, se è una lettura che deve passare delle informazioni utili, oppure gustando i tempi dell’intrattenimento se è una lettura fatta per il piacere della storia e della sua scrittura.
Purtroppo viviamo in un’epoca in cui si ascoltano i podcast mentre si corre e si sposta la velocità in avanti, 1.5x, che vuol dire che si cerca di far fuori trenta minuti di podcast in venti. Perché?
Leggere non vuol dire farcirsi la testa di parole, non è il Tetris delle frasi che devono entrare a ritmo crescente nel nostro cervello. Leggere non è una gara. Sicuramente non è una gara a quanti più libri si leggono in sempre meno tempo possibile. E non è neanche accumulare punti, stelle, fragole, crest e badge o quant’altro sul proprio profilo social. Leggere, se uno legge, non è una attività compulsiva, non ha a che fare con la quantità.
Leggere è istruttivo, ma non dovrebbe essere un atto utilitario, basato sul “guadagno”. È questo approccio che diventa quantitativo. Per misurare il guadagno si fa ricorso alla quantità, e la ricchezza diventa così un infinito accumulare di “roba”, cioè libri letti, che poi diventano libri da leggere che non verranno letti mai.
Un approccio utilitaristico oltretutto spoglia le idee del loro contesto, del modo con cui si orientano e si collegano tra loro. Rende la comprensione un esercizio di selezione privo di senso, in cui contano le centinaia di pagine di approfondimenti. Avete presente le infinite biografie di gente importante fatte dagli autori americani, che sono prive di qualsiasi senso se non quello di essere delle ninna-nanne per il cervello? Sono uno degli esempi di letteratura oppiacea, grandi ninna-nanne per la mente che non servono ad altro che a confortarla che “si sta imparando qualcosa”, che stiamo diventando persone migliori (hint: no, manco per idea).
La pars construens di questo ragionamento? Leggete meno. Leggete le cose che vi piacciono e quelle che sono ragionevolmente utili, se proprio dovete. Magari guardate i miei suggerimenti ma non come lista obbligatoria, solo come modo per trovare spunti, farsi sorprendere. Ma ignoratele, se non vi interessano. Abbiamo un tempo limitato su questa Terra: non possiamo leggere tutti i libri del mondo. Tuttavia, possiamo provare a leggere quelli che piacciono a noi e non al marketing di quelle aziende editoriali che oggi sembrano sempre più dei supermercati. A costo di rimettersi a leggere slash fiction con Kirk e Spock.
Yamatologica
Ganryū-jima (巌流島)
La parola del nostro corso tematico di giapponese di questa settimana è Ganryū-jima (巌流島), l'isola di Ganryū. L'isolotto disabitato si trova a cavallo tra l'Honshū (la più grande isola del Giappone) e la regione del Kyūshū. Il suo nome deriva da un leggendario duello, avvenuto il 13 aprile del 1612, tra lo spadaccino Miyamoto Musashi e uno dei suoi grandi rivali, Sasaki Kojirō. La storia è un po' complessa e, a volerla approfondire, più affascinante della vulgata. Che invece almeno è semplice: i due erano entrambi ospiti di Hosokawa Tadaoki e probabilmente rivali per motivi non solo di stili di spada. Fatto sta che il giorno del duello, fissato sull'isolotto davanti alla baia Shimonoseki nella prefettura di Yamaguchi, Musashi arrivò con ore di ritardo e, mentre veniva traghettato, con il pugnale si fece di un remo una grezza spada di legno. Era una specie di ruvida (e grossa) spada di legno bokken usata nel kejutsu (peraltro molto diverso e meno raffinato del kendo: il kenjutsu è più grezzo e più efficace per il combattimento reale). Furibondo per la plateale mancanza di rispetto, Kojirō perse la calma, venne colpito sulla fronte da Musashi con precisione e forza, e svenne (o più probabilmente finì brevemente in coma per il trauma cranico) perdendo così l'incontro. In tempi recenti la lega del Wrestling giapponese ha sfruttato un paio di volte il luogo per mettere in scena combattimenti tra i suoi "atleti". Come quello del 4 ottobre 1987 tra Antonio Inoki (vincitore) e Masa Saito (sconfitto).
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Variologica ed eventualogica
I social media ci polarizzano
Matematici e scienziati politici hanno studiato il funzionamento dei social costruendo modelli di vario genere, arrivando a capire che gli attuali algoritmi ci dividono e che la par condicio dell’informazione (cioè la rottura delle bolle personali) fa pure peggio. Insisto che, giudicando dai suoi comportamenti, secondo me Facebook è poco meno di una organizzazione criminale.
Sta arrivando la generazione no-code
Negli ultimi anni abbiamo creato delle piattaforme no-code, rendendo più facile usare il computer nel lavoro di tutti i giorni. Alla faccia che dovremmo essere tutti programmatori o che dovremmo diventarlo. Cioè, il tema non è il code.org, ma il computational thinking. Spiego meglio: ci sono strumenti che permettono di mettere assieme in modo facile e senza scrivere codice pezzi di logica per far funzionare progetti complessi che un tempo avrebbero richiesto un esercito di programmatori. Perché? Per la maggior facilità? Questi strumenti in realtà richiedono degli skill di logica che sono assolutamente non banali, ma che le nuove generazioni stanno acquisendo grazie a giochi come Roblox e Minecraft. È un approccio diverso: usano i telefonini, che non permettono un approccio stile Ms-Dos o Excel alla programmazione, ma hanno utilizzato sistemi in cui il pensiero logico-matematico (che funziona per astrazioni anche formali) e il pensiero computazionale sono di casa. Risultato? Gli strumenti no-code diventano sempre più diffusi e il loro utilizzo sul posto di lavoro costituirà probabilmente la prossima ondata di trasformazione dopo quella guidata dalla trasformazione dei software professionali fatta dai prodotti tipo Google (Gmail al posto di Outlook, Google Docs al posto di Word, per intenderci).
Starlink è veloce ma costa un filino troppo
È iniziata la beta pubblica di Starlink, l'internet veloce via satellite di SpaceX. Il servizio in beta pubblica costa per l'utente finale 99 dollari al mese più un 499 dollari una tantum e include la parabolina, la staffa per il montaggio e il router. La beta pubblica si chiama "Better Than Nothing" (questo vuol dire lavorare con il marketing) e ha velocità comprese fra 50 e 150 Mbps con latenza tra 20ms e 40ms. SpaceX spiega che il servizio migliorerà e di molto man mano che verranno lanciati altri satelliti. La cosa bella è che i dati sono illimitati. C'è anche una app mobile per aiutare a configurare e gestire il servizio.
I droni-contadini in Cina
Come la Russia e gli Usa, anche la Cina è bella grande e ha un sacco di campi, risaie in quest'ultimo caso. E l'agricoltura si sta espandendo più veloce che nel resto del mondo, e anche più veloce di quanti contadini non si riescano a trovare. Come si fa? Si usano i droni. Che in Cina stanno andando alla grande grazie anche alla competizione. XAG, nello Guangzhou, lavora con imprese agricole "piccole" e dice di avere 42mila droni attivi con 1,2 milioni di voli al giorno. I droni costano meno dei lavoratori, sono più efficienti e sono amici dell'ambiente (nel senso che non lo devastano perché ci volano sopra). Permettono inoltre di far lavorare più a lungo i contadini più vecchi che sono anche quelli più esperti.
Audiologica
GPT-3 e Anna Vaus. Questa canzone country, River of Love, è stata scritta dal nostro amico GPT-3, le cui gesta sono note, a cui era stato fornito solo il titolo della canzone, e cantata da Anna Vaus. Impressionante la capacità di interpretazione sulla base di un testo non umano. Chi l'avrebbe mai detto che la fine del mondo sarebbe stata così musicalmente piacevole?
Grazia di Michele: dopo trent'anni continuo a pensare che Le ragazze di Gauguin sia una gran bella canzone e che lei abbia un'eleganza e una leggerezza uniche. Anche Io e mio padre era molto bella.
Luca Barbarossa, Come dentro a un film, perché erano i miei tempi. Anzi, la loro fine.
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Ludologica
Mario on Vim Ci siamo, l’hanno fatto. Con questo plugin, vim-game_engine, si può giocare a Super Mario dentro Vim. È tremendo, almeno a giudicare dalla gif sul repo, ma è al tempo stesso fenomenale. (Si, lo so, su Emacs si possono fare queste cose da decenni)
Appuntamento con se stessi
C'è una scena, una singola scena, che ha cambiato la carriera di una attrice (e così allargo un po' il concetto di "ludico"). Si tratta di un vecchio film che dovreste aver visto (nel senso: se non l'avete visto, vedetelo) cioè The Big Sleep. Nella scena Humphrey Bogart entra in una libreria, chiede alcune cose a una commessa e poi esce. Ma dopo aver fatto il primo ciak, al regista Howard Hawks piacque molto la ragazza, Dorothy Malone, praticamente al suo esordio e decise di espandere la scena facendo piovere, aggiungendo battute e molto altro. Dopo The Big Sleep la Malone cominciò ad avere parecchie offerte di lavoro. Come ultimo consiglio, Hawks le disse che avrebbe potuto fare anche la parte della ragazza cattiva e non solo di quella buona. A lei piacque l'idea e anni dopo vinse l'Oscar per una parte da ragazza cattiva. Il commento di Hawks fu che era "una ragazza intelligente". La scena si guarda qui.
Angeli, demoni e qualche cavolata volante
Sto guardando un po' di serie televisive, qua e là. Tuttavia, penso che presto smetterò. La maggior parte delle narrazioni escapiste che mi piacciono sono di tipo fantascientifico. Leggo fantascienza fin da bambino, vederla sul grande o sul piccolo schermo è sempre un piacere. Peccato che non sia più tale. Prendete Star Trek: Discovery: siamo all'inizio della terza stagione e sembra ancora e sempre di più un dramma per teen con vari cuori spezzati, grandi declamazioni, cliché di genere e imbarazzanti momenti per ragazzini delle medie. Imbarazzante. A sorpresa invece ho guardato Lucifer, che sono poi tre stagioni Fox più due Netflix di un giallo poliziesco procedurale (seguendo il filone di Ed McBain) con il twist che Tom Kapinos (quello di Californication) ha saputo dargli partendo dal fumetto della Marvel Vertigo co-creato da Neil Gaiman. La storia è una scemenza: Lucifero, re dell'Inferno, ha l'esaurimento, si prende una vacanza e va a vivere a Los Angeles, dove apre un nightclub di lusso, pecca e si rigira irrequieto fino a che non si fa affascinare da una bella detective della LAPD, ex attrice di b movie separata (da un altro detective) con figlia, e diventa un consulente della polizia nelle indagini per omicidio. Il tutto giocato sull'ambiguità di "essere il diavolo" ma nessuno gli crede, e dall'altra su piani di lettura allegorici che fanno pensare che chi ha scritto il tutto sia andato per anni in analisi o sia un terapeuta che ha cambiato mestiere e si è messo a scrivere per la tv. Dentro c'è molto di più, dalla rabbia diabolica delle donne al determinismo e libero arbitrio, sino alle ragioni profonde di un percorso di analisi inclusa la ricerca delle punizioni che ci autoinfliggiamo. È divertente che il boy-toy sia il protagonista Lucifer Morningstar (l'attore gallese Tom Ellis) e non la protagonista femminile Chloe Decker (Lauren German). È una bischerata televisiva, oltretutto che cambia piuttosto radicalmente velocità dopo la prima stagione e un'altra volta ancora quando passa a Netflix (diventa più "edgy"), ma è una bischerata fatta bene, con qualcosa dentro da far vedere. Quand'è invece che manderanno a casa Michael Burnham (Sonequa Martin-Green) e il resto dello strampalato equipaggio della Discovery?
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Tsundoku-logica
Qualche lettura sparsa
La lista di tutti i loro ebook scaricabili gratuitamente (belle le copertine)
Qui avete la base di libri in formato txt per addestrare il vostro clone di GPT-3. C'è chi dice che ci sia l'interna biblioteca di LibGenesis.
Il catalogo (costoso) di No Starch Press, dove c'è anche il mio amato Apple Confidential 2.0, oggi un pezzo di antiquariato, Wicked Cool Shell Scripts (memorabile, e quanto ero giovane!) e l'inquietante The Ghidra Book, il manuale di istruzioni del tool di reverse engineering della NSA. Segnalo anche Algorithmic Thinking: A Problem-Based Introduction perché mi pare ben fatto ma, ovviamente, non l'ho letto.
La perdita e il perdono è il nuovo libro di poesie di Roberto R. Corsi, a suo tempo già poeta residente di Mostly Weekly, che ha questo paradosso: essere tanto gioviale come uomo quanto lucidamente tragico come poeta. E ve lo conferma uno che lo conosce da quasi quarant'anni.
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Algoritmologica
CSS Spider
CSS Spider è un plugin per Chrome che permette agli sviluppatori di vedere ed editare il CSS di una pagina semplicemente andando sopra un singolo elemento. Si può anche copiare ed esportare il codice di quel pezzetto semplicemente cliccandoci sopra. Un video spiega bene come funziona e come usarlo.
Mind-blowing
Amanti di git, lo sapevate che con git diff --color-moved potete vedere i pezzi di testo/codice che sono stati spostati qua e là (anziché solo quelli aggiunti o tolti). Sapevatelo.
Alternative cheap
Multiplex è il fratello meno fortunato di Tmux: magari vi serve.
Coffee break
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Minutiae
C'è un mercato per le app per prendere appunti, lo so, ne parlo da mesi. Questi due casi ne sono un esempio: Nat (prendere appunti per email e rimettersi in contatto con le persone) e Dendron (tipo Roam Research in markdown fatto però come plugin per VSCode, ma c'è anche –quasi pronto– il plugin per Vim).
Questo è un trucco molto fico che vi permette di usare il valore di una sola proprietà per abilitare valori multipli per regole differenti.
Si può fare una Cpu usando componenti elettroniche disegnate a mano su fogli di carta (usando l'inchiostro giusto, ovviamente? Pare che forse sì: e "sulla carta funziona" assume un significato completamente diverso.
Una guida a come gestire JavaScript da Go usando WebAssembly: tanta roba.
È uscita la versione 7.0.0 di npm (CLI). Occhio che ci sono un sacco di nuove funzionalità tra cui i workspace.
Linee guida per l'interfaccia: dove si deve aprire un link, nella stessa finestra, in un'altra tab o in un'altra pagina?
Quale servizio DNS state usando? Questo servizio web ve lo dice.
Gente arrabbiata con la Riaa, propone altri strumenti (cervellotici) per scaricare video.
Simulazioni 3D di origami: ideali per bambini anche cresciuti come anche il cat-bongo e poi (quando sono un po' più grandi) il MockMechanics.
Emb-Linux
Volete sapere tutto su come installare Linux su apparecchi embedded? Sicuri? Sicuri sicuri? Questo non è stato breve.
La Grand Unified Theory of Software Architecture
Come mantenere in maniera economica e scalabile un software usando solo il codice di esempio contenuto in tre lucidi (cioè assai poco). Il risultato è un codice più efficiente, flessibile e funzionale. Guardate che è un articolo fenomenale, soprattutto se siete programmatori self-made, non laureati e cioè che non sono stati esposti a un approccio sistematico, teorico e anche completo alla programmazione.
Addendologica/Randomlogica
Einstein e i buchi neri
L’approccio scientifico prevede che niente sia dato per certo, neanche le cose certe. Non c‘è un acquis communautaire da cui partire: ogni legge e ogni principio vale sino a che non viene dimostrato il contrario usando il metodo scientifico. Uno dei paradossi più famosi della fisica, cioè che da un buco nero possa uscire dell’informazione, è stato dimostrato. La teoria generale della relatività di Einstein però diceva di no: la forza di gravità è troppo forte e niente può scappare. Invece, quando diventano vecchi, i buchi neri si trasformano in un sistema aperto dal cui orizzonte degli eventi le informazioni possono sfuggire.
Un cervellone, come sua madre
Nei laboratori vengono fatti crescere degli “organoidi”, organi non completi, partendo dalle cellule staminali, per studiarne le proprietà e via dicendo. Da tempo si fa con i tessuti del cervello, per vederne le proprietà. Un esperimento del 2019 aveva registrato un’attività cerebrale pari a quella di un bambino nato prematuro (non completamente sviluppato). Non abbiamo idea se questi cervelli possano in qualche modo essere consci. Ma i ricercatori se lo stanno cominciando a chiedere sul serio e adesso vogliono delle linee guida per questo tipo di ricerca che potrebbe generare organoidi del cervello capaci di essere consapevoli. Il problema è che prima gli scienziati devono definire cosa sia la coscienza.
Quel pasticciaccio brutto che la Silicon Valley sta facendo in Africa
La Silicon Valley intesa come comparto industriale della tecnologia e del capitale ad esso collegato, sta per fare disastri in Africa. I colossi del tech americani sono a rischio di ripetere gli errori devastanti fatti dal colonialismo usando i social: milioni di africani usano i social media dove circolano i discorsi di odio e l’incitamento alla violenza (tribale, per la povertà, per i regimi autocratici) e la moderazione è assente o quasi. Non va bene. In Africa ci sono stati decenni di progresso estremamente difficile e complesso, in parte precario, che hanno prodotto sacche sempre più ampie di pace, stabilità e coesistenza pacifica nel continente. I social rischiano di far esplodere tutto. E non stiamo parlando delle rivolte, stiamo parlando della ennesima manifestazione dell’hate speech, carburante dell’engagement sui social che poi vendono profili pubblicitari. Facebook in testa: azienda secondo me al limite dell’organizzazione criminale.
To breath or not to breath
Respirare, e respirare bene, fa bene. Bisogna essere positivi ma non bisogna essere positivi, insomma.
Cloud nines
Leggere il meteo, sul serio.
Robin Hood digitali
Un gruppo di hacker ha donato soldi rubati a una serie di associazioni benefiche, dicendo che vogliono rendere il mondo un posto migliore. Le associazioni ovviamente non ci stanno: Children International restituirà i soldi e The Water Project ha bloccato il conto. Le donazioni sono state fatte utilizzando The Giving Block, un servizio che permette alle non-profit di ricevere donazioni in criptovaluta (non tracciabili). The Giving Block sta cercando di capire, con una indagine più ampia, se quei soldi sono effettivamente rubati. Questo tipo di donazione solleva notevoli problemi etici oltre che legali. Inoltre, narrativamente è un colpo basso: quanti poveri missionari hanno accettato il bottino dei cattivoni, che stavano tiranneggiando i poveri campesinos ma erano stati uccisi dal pistolero di turno? Ecco, adesso nunca más.
Le tre cavallerizze del lockdown – Foto © Antonio Dini
L'ultima bustina (di Minerva)
Privilegio, potere e patriarcato
Sono uno scienziato politico per formazione, questa è la mia identità e la mia prospettiva sulla realtà, e da una vita mi confronto con alcuni aspetti del pensiero sociale. Sinora il concetto di potere è stato la determinante, ma anche quello di privilegio (le élite e via discorrendo). Sono abbastanza vecchio da essere arrivato tardi (“già formato”) all’attuale ondata di pensiero post-post-femminista, ma sto in qualche modo recuperando la completezza di un quadro che presenta sfumature affascinanti. La giornalista australiana Jess Hill la mette giù bella dura quando si tratta di definire il ruolo del patriarcato nelle nostre società. È il patriarcato che ha l’esercizio del potere e del controllo: degli uomini sulle donne, degli uomini su altri uomini, dei bianchi sulle persone di colore, degli eterosessuali sulle LGBTQI, dei ricchi sui poveri e così via. In questo sistema, dice Hill, non sono i singoli uomini e donne ad avere valore, ma solo gli uomini e alcune donne che incarnano i tratti della mascolinità patriarcale: capacità di controllo, logica, forza, competitività, furbizia, razionalità, autonomia, autosufficienza, eterosessualità e, anche e soprattutto, essere bianchi. Il potere e il privilegio nella nostra società sempre più disuguale e sempre meno capace di includere e ridistribuire il benessere è nelle mani di “uomini bianchi funzionanti”, dove per funzionanti intendo dire che sono espressione di quelle qualità che definiamo spesso come “valori” ma che poi sono in contrasto con qualsiasi forma di empatia e sensibilità umana. Da aggiungere che i leader, gli “aristocratici” (cioè i migliori) del nostro tempo sono spesso degli psicopatici bipolari (la “kakocrazia”) perché, quando mentalmente funzionanti, sono più spregiudicati e quindi vincono i singoli confronti e salgono al vertice.
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I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato.
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“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
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