June 09, 2019

[Mostly Weekly #14] Tanti piccoli indiani

Mostly Weekly #14

 

La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)


A cura di Antonio Dini
Numero 14 ~ 9 giugno 2019 


"Life is what happens while you are busy making other plans." – John Lennon


In questo numero: 

  • La grande trasformazione
  • E invece iPadOS
  • Undici piccoli indiani (più uno)
  • Poetry Room
  • Tsundoku Regular
  • Tsundoku Poetry Room

 

Engaged - Foto © Antonio Dini


LA GRANDE TRASFORMAZIONE
Ho scritto un articolo per Macity, il sito di informazione dedicato alla tecnologia soprattutto sul versante Apple dal 1996 (pensa te!), che tocca un tema sul quale sto riflettendo molto

Il concetto è questo: 

Il cartellino del prezzo di qualsiasi prodotto, sia che l’azienda ne abbia uno solo sia che ne abbia molti, ha uno scopo. Segmenta. Ritaglia il pubblico. E quello che sta facendo Apple adesso è segmentare e ritagliare il pubblico dei suoi utenti Pro in maniera tale che quell’idea di Pro che avevamo in mente finora, non c’è più. Cambia il senso di “Pro” in maniera radicale. Anzi, per dire meglio: noi utenti Apple che usiamo gli strumenti di quell’azienda per lavorare ogni giorno non siamo più, secondo quelle metriche e quel ritaglio, degli utenti Pro.

Non è uno sfogo, non vorrei che fosse interpretato così. Tutt'altro: mi sto chiedendo quello che si chiedono molti commentatori e analisti, ma anche molti utenti. I prodotti Apple un tempo erano solo il Mac, poi è nato un sistema (iPod, iPhone, infine iPad) che adesso è tenuto assieme dalla coerenza dei modi di uso, dall'integrazione e dai servizi. È una super-piattaforma che ne raccoglie tre. E che ha unito tre anime diverse del mercato: quella di utenti Apple "normali" che usano il Mac o l'iPad o l'iPhone come strumento preferito nel tempo libero o in generici incarichi di lavoro (qui ci metto anche gli studenti che secondo me erano quasi la maggioranza); quelli modaioli che hanno bisogno dell'ultimo dispositivo della Mela come status symbol (sono sempre di più); infine quelli "super-Pro" che hanno bisogno degli apparecchi Apple per compiti particolari richiesti da usi atipici (e infatti sono pochi, pochissimi). 

Adesso abbiamo computer portatili fino a 8mila euro e computer fissi fino a 45mila. Il tema diventa: di che cosa stiamo parlando? 

Quel che sta facendo Apple è fare prezzi e caratteristiche adatte in realtà al secondo mercato puntando però a un ipotetico "gruppone" del terzo segmento. Secondo me non è così e la ridefinizione degli utenti Apple non è una buona cosa. Anche perché il segmento "professionale" - che poi interpretiamo "per lavorare e studiare" soprattutto nella società liquida in cui viviamo, si poteva espandere ancora. Non sono d'accordo e non sono contento, insomma.

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E INVECE IPADOS
Una scelta che almeno in questa fase mi pare sia non tecnologica ma prettamente di marketing è stata da parte di Apple quella di introdurre una diversificazione tra iOS (sistema operativo di Apple per dispositivi touch) e il nuovo iPadOS, solo per iPad. Con questo "nuovo" sistema operativo arriva anche una slavina di novità, che poi sono debiti con il passato (come la possibilità di connettere chiavette e dischi esterni). 

È però una scelta giusta e intelligente: meglio tardi che mai. Gli attuali iPad Pro, costosi ma dotati di caratteristiche di tutto rilievo, avevano come unico freno il sistema operativo inadeguato a un utilizzo a 360 gradi. Adesso vedo la possibilità di usare un iPad Pro come vera alternativa rispetto a un MacBook. E la cosa mi tenta molto. Sono anni che ci provo, a suo tempo scrissi anche un libro sull'argomento: Scrivere con iPad. Da allora è cambiato molto, adesso ancora di più. Vediamo cosa succede. 

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UNDICI PICCOLI INDIANI
Storie di piccole persone dalle grandi idee e di grandi multinazionali 
 

  1. La sapevate la storia di Floyd Martin, il postino che va in pensione dopo 35 anni di lavoro? C’è chi l’ha seguito per documentare il suo ultimo giorno di lavoro. 

  2. C’è un villaggio a Taiwan che è stato tutto decorato da un uomo solo: l’opera struggente di un solitario genio del pennello. 

  3. A Las Vegas, l’ultimo posto onesto in America, è nata una intera industria: quella delle insegne al neon. E, nonostante l’ascesa dei led, è tutt’altro che morta. Anzi. 

  4. Non so se voi usate ancora Facebook. E se lo usate, perché. Sempre più persone lo stanno abbandonando. Ma non sono gli utenti molto attivi quelli che fanno guadagnare il social network: non è necessario guardare la pubblicità, per così dire, o fare cose. Basta avere l’app installata e andare a giro: ci pensa la vostra compagnia telefonica a dare le info che servono a Mark Zuckerberg. 

  5. È una notizia uscita qualche giorno fa, ma non posso smettere di pensarci. La gamification di Amazon spinta fino al limite, con i videogiochi in tempo reale per stimolare i magazzinieri dei centri di distribuzione a darsi più da fare. Mah. 

  6. In quello straordinario serbatoio di idee e dibattiti interessanti che è Aeon - secondo me uno dei pochi motivi per cui valeva la pena inventare Internet - c’è un ragionamento semplice semplice: la felicità non segue il successo, casomai è il contrario. 

  7. Fino a che punto la bellezza e l’estetica posso dare il senso ai prodotti? Apple, prima di vendere uno stand per monitor a 999 dollari (mah), ha proposto una carta di credito dalle innovative (in realtà mica tanto) caratteristiche finanziarie, oltre a un design realizzato in maniera piuttosto interessante e usando il titanio. Qui uno di quei matti di cui la rete è piena (tipo yours truly) ci si è messo d’impegno e spiega bene come viene fatta. (Ps: il matto in questione scrive relativamente poco ma fa belle foto, come queste di Portland scattate con la Leica Q

  8. Sul perché – soprattutto noi che ci occupiamo di "tecnologia" – dovremmo tornare tutti a leggere Stanislaw Lem (gran bell'articolo, tra l'altro)

    Returning to my motel room exhausted each night, I unwound by reading excerpts from an old book, Summa Technologiae. The late Polish author Stanislaw Lem had written it in the early 1960s, setting himself the lofty goal of forging a secular counterpart to the 13th-century Summa Theologica, Thomas Aquinas’s landmark compendium exploring the foundations and limits of Christian theology. Where Aquinas argued for the certainty of a Creator, an immortal soul, and eternal salvation as based on scripture, Lem concerned himself with the uncertain future of intelligence and technology throughout the universe, guided by the tenets of modern science. 

  9. Il New Yorker racconta la storia della modenese Giorgia Lupi, che (forse) vive a New York e "racconta storie con i dati", che poi secondo me l’abbiamo molto banalizzato facendone una questione prevalentemente di storytelling ma è in realtà uno dei grandi temi sui quali non ci interroghiamo abbastanza. 

  10. Veramente il minimalismo è in grado di impattare la nostra creatività, come sempre più osservatori sostengono? Certamente l’ordine e la pulizia sono la piattaforma sulla quale è costruita la nostra razionalità, ma questo più che minimalismo mi sembra un modo riduttivo di vedere la complessità dei diversi tipi umani e dei contesti in cui si sono formati e operano. E soprattutto, non è una scrivania svuotata di tutto a rendere il lavoro intellettuale sostenibile. 

  11. Michele Smargiassi, che è un vecchio e bravo giornalista della redazione bolognese di Repubblica, esperto di fotografia, ha scritto una potente e chiarificante introduzione al film Ancora un giorno di Raùl de la Fuente e Damian Nenow tratto dal libro omonimo di Ryszard Kapuscinski. È un film da vedere: è il pensiero di uno straordinario giornalista solitario, della sua etica, della sua umanità.

    +1 Si chiama Audrey Tang ed è il ministro senza portafoglio per il digitale di Taiwan. E combatte la disinformazione (termine più appropriato che non "fake news") senza usare degli strumenti di censura. Il che, in Asia dove la censura digitale è una specie di sport locale (vedi ai due estremi Cina e Singapore, ma anche la Corea del Sud da dove non si può navigare su siti con contenuti "hot"), non è per niente poca roba. Anzi. 


POETRY ROOM
Le poesie di due fratellini. 

Leone, 6 anni:

L'amore si accumula 
e diventa ogni giorno più verde 
come l'acqua del mio continente


Lucilla, tre anni e mezzo 
(la sua baby sitter si chiama Sofia):

I miei piccoli 
sono con la loro
Sofia

 

L'ultimo posto onesto in America - Foto © Antonio Dini


TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo

In questi giorni mi sono capitati fra le mani: 

  • The Image of the City di Kevin Lynch (Mit Press, 1964). È un vecchio libro fondamentale per cominciare a comprendere il rapporto tra città e persone che le abitano.
  • Il sogno di Hokusai di Ilaria Demonti (Skira Kids, 2016). In realtà non l'ho neanche comprato: l'ho solo sfogliato mentre aspettavo di parlare con la mia commercialista. E me ne sono perdutamente innamorato (del libro, non della commercialista). Perché il paradosso di raccontare il mondo fluttuante a bambini di sei anni è delizioso.
  • Les Animaux tels qu'ils sont di R. e L. Lambry (1930). Questo è facile facile, perché è tutto online anche qui. Ed è meraviglioso se volete disegnare gli animali. O solo guardarli.
  • Buckingham Nicks di Stevie Nicks e Lindsay Buckingham (1973). È il primo disco (in vinile, of course) di quelli che stavano per diventare elementi fondamentali dei Fleetwood Mac e mai più ripubblicato né in vinile né in cd. Se lo trovate, è una copia illegale. Ma trovatelo, però.
  • Southpaw di Dryewater (1974). Trovato per caso, (su Youtube, pensa te) è un classico di rock americano che viene dagli anni Settanta. Un homebrew, una birra artigianale locale, perché fatto da una band di rock psichedelico della Carolina del nord con tirature originali ridicole (350 più 300 copie) però ora c'è anche sui servizi commerciali.    
     
  • TSUNDOKU POETRY ROOM
    Un oggetto di poesia alla settimana, a cura del poet-in-residence Roberto R. Corsi (@rrcorsi)
     
  • La nostra classe sepolta. Cronache poetiche dai mondi del lavoro di autori vari (Pietre Vive, 2019, ISBN 978-88-99076-50-4). Curato da Valeria Raimondi, questo volume collettivo unisce poeti affermati (Christian Tito, Francesco Tomada, Fabio Franzin tra gli altri) ed esordienti assoluti, nel tentativo di versificare il lavoro di oggi, lo scorno, la speranza, i fiochi impulsi alla ribellione. Il risultato è ovviamente eterogeneo ma talora sorprendente.

I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.

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