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(quella che esce quando è pronta)
A cura di Antonio Dini
Numero 39 ~ 1 dicembre 2019
“Oh, yes, the past can hurt. But you can either run from it, or learn from it.” – Rafiki, Lion King
HEAD
Stiamo finendo la sabbia
La triste verità è che stiamo continuando a sfruttare il pianeta in maniera non ragionevole. E le risorse non rinnovabili stanno entrando in crisi. Una di queste è la sabbia. La fine della sabbia vuol dire la fine del materiale grezzo con il quale sono fatte le città. E non solo.
La sabbia si usa per fare il cemento, le strade, il vetro e tutta l'elettronica di consumo. Qual è il problema? Fin dalle medie ci hanno insegnato che la sabbia è il materiale più diffuso del pianeta. O no?
È più complicato. Tanto per cominciare, la sabbia dei deserti non va bene per fare il cemento, perché serve sabbia che viene fuori dall'erosione della pietra causata dell'acqua. Servono quindi i letti dei fiumi, le spiagge e le foreste; che vengono ovviamente tutti devastati per estrarne la sabbia necessaria. È una crescita potente, costante. E dove c'è pressione, utili, opportunità, c'è ovviamente anche la criminalità organizzata, che si è messa a smerciare sabbia. Di conseguenza, nel mercato della sabbia ci sono illegalità, corruzione e anche le prime vittime.
La crescita delle città è uno dei fattori principali della fame di sabbia, ma non solo. La Cina ad esempio ne impiega molta anche perché sta costruendo delle nuove isole e dei pezzi di costa usando terra di riporto. Sabbia, cioè. Non è la prima a farlo. C'era una volta il Dubai, che ci ha costruito una bolla immobiliare a suon di grattacieli, e soprattutto Singapore, che in quarant'anni ha rubato così tanta terra al mare da essersi guadagnata il divieto di importazione di sabbia da parte di tutti i suoi vicini. Invece Abu Dhabi a un certo punto aveva messo in ginocchio il mercato mondiale del cemento, perché aveva acquistato praticamente tutta la sabbia necessaria a impastare il materiale di cui sono fatti i suoi numerosi grattacieli.
Gli scienziati hanno cercato di ovviare al problema sostituendo alla sabbia degli altri materiali (plastica, gusci di noci di cocco, altri derivati delle palme, rimasugli della coltivazione del riso) ma non è questa la strada giusta per mitigare il problema. Servirebbe invece usare meno sabbia. Ipotesi quasi mai frequentata.
In realtà c'è anche chi cerca di produrre cemento che richiede meno sabbia, magari riciclando vecchio cemento sbriciolato. Ma è complicato, anzi diciamo pure che non funziona. E se anche funzionasse, sarebbe solo un palliativo.
Tutto questo e non abbiamo ancora cominciato a parlare della sabbia che serve per l'elettronica. Perché i chip sono fatti di silicio, cioè di sabbia, sapete?
Il tema di fondo di questo ragionamento è quello della capacità di vedere le conseguenze di secondo ordine delle nostre scelte, e provare a immaginare delle strategie sostenibili per tempo, anziché farci travolgere dal problema quando arriva. Perché poi arriva sempre, il problema. Come accade sempre più spesso anche alla nostra società, a quanto pare condannata a vivere in un eterno presente del consumo, senza porsi mai domande su come potrebbe essere il domani.
Incipit – Foto © Antonio Dini
In questo numero:
- Head
- Body
- Vim Corner
- Tsundoku Regular
- Tsundoku Poetry Room
BODY
Una AI utile, forse
La censura schiaccia la libertà delle persone. E i governi autoritari (o anche quelli meno autoritari, se è per questo) utilizzano la censura per controllare quello che le persone possono vedere ad esempio su Internet. I muri e le muraglie elettroniche nella nostra epoca stanno diventando sempre più significativi. Come aggirarli? È allo studio uno strumento, chiamato Geneva, che automaticamente trova i cortocircuiti nei sistemi di censura di un Paese per consentire alle persone di accedere al materiale non filtrato. Geneva in pratica utilizza un portafoglio di algoritmi per scivolare tra le maglie della censura, selezionando di volta in volta quelli che funzionano meglio. E a quanto pare sino a questo momento i ricercatori sono riusciti a navigare senza restrizioni in Cina, in India e in Kazakistan. In Russia no, quella ancora non sono riusciti a fregarla. Il punto debole di Geneva? Crea un flusso di dati casuale che non sembra frutto dell'attività di utenti in carne ed ossa. Quindi, può essere riconosciuto e isolato.
Poliamore e altri bastardi
E se le relazioni poli-amorose (quelle in cui tutti e due vedono anche altre persone, in maniera condivisa ed etica) fossero la rivoluzione sessuale del nostro, peraltro fin troppo complicato, tempo?
Una volta ho fatto un viaggio in treno con un'altra coppia più "anziana" e lui, reduce del '68 e personaggio francamente triste e stonato, si è arrabbiato con me per altri motivi ma anche perché la sua generazione le ha provate tutte e nessuna è andata bene. Niente di meglio, quindi, che accusare chi segue di colpe come la leggerezza, il disimpegno, la mancanza di passione e determinazione. Pazienza. Mi consolo pensando a chi viene di me. Perché sarà interessante vedere cosa rimarrà di tutto questo poliamore dei giovani d'oggi tra quarant'anni.
In 2018, Quartz reported on a study that found one in five people has participated in ethical nonmonogamy while also noting a decrease in polyamory activism over the last generation. And in 2019, NPR did a segment on the new “sexual revolution” driven largely by people opting for polyamory and ethical nonmonogamy over traditional monogamy. This is all fine and good but the biggest issue I’ve noticed in mainstream coverage is that it is still pretty White.
La fine della festa
Volete scommettere che rovineranno tutto? Il Public Interest Registry, l'agenzia che gestisce i siti con dominio .org, ha annunciato che vende tutto al fondo di investimenti Ethos Capital. Adesso è abbastanza chiaro che nel futuro di .org, che è il dominio nato per le attività non-.com, c'è una trasformazione che probabilmente lo manderà a carte quarantotto (Intanto la Internet Society è convinta che con quei soldi potrà finanziare una internet ancora più aperta e accessibile e, magari, anche sicura). L'Icann aveva recentemente deciso di ammettere prezzi più elevati per i domini .org, ma il Public Interest Registry aveva per detto che li avrebbe mantenuti comunque entro confini ragionevoli. Un impegno che non vincola i nuovi proprietari. Finirà male, io ve lo dico.
VIM CORNER
Una delle prossime frontiere per l'intelligenza artificiale, che sta migrando verso i bordi della rete (addestramento nel cloud, esecuzione con l'edge computing) è il browser. I siti web basati al 100% su AI diventeranno con tutta probabilità la prossima cosa "reale" della nostra vita tecnologica. Già adesso il machine learning nel browser viene utilizzato per identificare disegni, controllare luci smart, muovere personaggi secondari dei videogiochi, riconoscere contenuti vietati e altre cose simili. Qui c'è un mini-corso gratuito che dura 5 giorni che permette di capire le basi del machine learning in-browser. Nello stesso sito è disponibile anche un secondo corso basato su TensorFlow.js per imparare il machine learning. Sono due corsi che insegnano cose molto pratiche per applicare il ML in maniera corretta ovunque ci sia del JavaScript.
Happy ending – Foto © Antonio Dini
TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo
In questi giorni mi sono capitati fra le mani:
TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly
A Coney Island of Mind: Poems di Lawrence Ferlinghetti. Il poeta, editore e libraio della beat generation ha attraversato uno dei momenti più tosti della cultura contemporanea americana. Reading di poesie con musica jazz, fumo e alcol, la penombra di un club o di una stanza male in arnese da qualche parte a New York o a San Francisco. Ridurre tutto questo a un piccolo, adorabile libretto con 29 poesie (più 13 già edite) è come cercare di immaginare il sapore di una madeleine tra le pagine di Proust o leggere il teatro greco duemila anni dopo: intellettualmente intenso ma solo l'ombra delle emozioni fisiche che un tempo generava.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.
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