La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)
A cura di Antonio Dini
Numero 41 ~ 15 dicembre 2019
"Ciò che le persone sembrano dimenticare tra questi miasmi di narcisismo fasullo, e nella nostra nuova cultura dell’ostentazione, è che l’autoaffermazione non deriva dal mettere un “mi piace” a questo o a quello, ma dall’essere fedele al tuo incasinato e contraddittorio io – il che talvolta, in realtà, significa essere un hater" – Bret Easton Ellis
HEAD
Multiche?
Nel 1999 oltre a Matrix, che è uno dei film più importanti nella storia della fantascienza per l'impatto che ha avuto sulla società contemporanea (come Blade Runner un decennio prima) è uscito anche un altro film che non ha avuto molta fortuna. È Il tredicesimo piano, povero da un punto di vista cinematografico ma legato a una idea complementare a quella di Matrix. Mentre nel film delle sorelle/fratelli Wachowski il tema è quello delle macchine che ci tengono prigionieri fin dalla nascita (pillola rossa, pillola blu, ricordate?) in un ambiente simulato per alimentarsi nel frattempo con la nostra bioenergia, nel film di Josef Rusnak invece il tema è quello dell'ambiente simulato costruito dall'uomo per creare il solito videogioco fantastico: un delitto porta a scoprire poi che anche quella che credevamo la realtà è una simulazione di qualcun altro.
L'ipotesi della simulazione (viviamo tutti, anziché nel mondo reale, in una simulazione?) ha numerosi sostenitori e anche dal punto di vista logico, se mai fosse computabile una cosa del genere, potrebbe anche avere senso. Ma, aggiungo io, solo se potessimo chiamarla ancora simulazione, perché questo rientra nell'ambito semantico dell'informatica che, dal punto di vista culturale, sta forgiando le metafore e i quadri di riferimento concettuale del nostro pensiero, così come le macchine a vapore hanno fatto con la mente dei cittadini della rivoluzione industriale.
Secondo me le "simulazioni computazionali" sono in realtà un tentativo di riadattare ai tempi moderni l'idea (e la teoria) del multiverso. Quest'ultima è una teoria che è solo apparentemente recente – la parola è stata coniata negli anni Cinquanta da Hugh Everett III – ma che in realtà esiste da secoli. Anzi, sull'esistenza di molteplici universi paralleli si dibatte da millenni: mentre la scoperta delle galassie ha sostanzialmente allungato e ampliato le dimensioni del nostro universo fisico, l'idea che possano esistere altre realtà parallele nella forma di universi alternativi, è radicata nella nostra mente. Anche la trascendenza della vita mortale può essere avvicinata a questa idea, così come l'esistenza di più piani della realtà. Se la prendiamo e la espandiamo un po', insomma, è un'idea fantastica soprattutto per chi si interessa di antropologia e sociologia dei processi culturali, perché ricorre molto e spiega parecchie cose.
La cosa fantastica del multiverso, inoltre, è che non è dimostrabile empiricamente ma che può essere utilizzato come strumento logico per predire altre teorie che invece possono essere testate scientificamente. Detto questo, la sicurezza di alcuni nel sostenere che viviamo in una simulazione secondo me è solo un modo culturalmente limitato e condizionato per non rendersi conto che in realtà viviamo in un multiverso. Oppure no.
Winter is here – Foto © Antonio Dini
In questo numero:
- Head
- Body
- Vim Corner
- Tsundoku Regular
- Tsundoku Poetry Room
BODY
Quota 100 e ritorno
Lena Söderberg è una ex modella svedese, che all'età di 21 anni, nel 1972, ha accettato di farsi fotografare da Dwight Hooker per Playboy. Nuda, ovviamente. La sua immagine, per una serie di circostanze che vengono raccontate nel documentario Losing Lena, è diventata l'immagine di riferimento nella Silicon Valley per i software di compressione delle immagini. E non solo quello. Come spiega bene Losing Lena, la sua immagine è la prigione di un genere e anche di più. Essere usati dalla tecnologia, come il corpo di Lena è stato per sviluppare lo standard jpeg. Consiglio di cercare questo documentario.
Un hobby come un altro
Larry Page, quello dei due americano e un po' più nerd dell'altro, ha un hobby. Cioè, ne ha vari (fa anche delle comparsate nei videopodcast degli appassionati di macchine fotografiche e altri gadget) ma questo ha ricadute interessanti. Infatti con la sua azienda "laterale" e for profit sta facendo fare ricerca su Shoo The Flu, per trovare un vaccino universale all'influenza. Cioè che ti vaccini e poi non la prendi più per molti, molti anni. Se ci arriva, ci arriverà tra parecchi anni. Però è interessante, soprattutto per chi si occupa di teoria delle cospirazioni e fa il no-vax a tempo perso.
Architettura e videogame
I videogiochi sono scritti con il codice. Il codice si utilizza per definire la fisica e le possibilità di interazione del gioco. E viene utilizzato per creare un mondo visivo virtuale (cioè potenziale) in cui il giocatore può abitare. Nel mondo reale gli oggetti e i materiali hanno una serie di qualità fisiche che nei videogiochi, invece, possono essere alterate in qualsiasi modo il programmatore voglia. I videogiochi sono anche un ottimo esercizio e modo per far crescere le competenze degli architetti. Infatti un architetto in un videogioco può costruire tutto quello che vuole mentre sta testando delle idee in un ambiente controllato. Costruire un gioco richiede la comprensione, e certe volte anche l'invenzione da zero, di regole che determinati materiali devono seguire. E tutto questo può risultare nell'uso sempre più creativo dei materiali nel mondo reale. Il videogioco è un medium tra le persone e una idea di realtà.
Il potere dei videogiochi
Non se se ve lo ricordate perché è una storia di un po' di tempo fa, venuta fuori di nuovo giusto perché la PS ha compiuto 25 anni o giù di lì. Da qualche parte hanno fatto un supercomputer con le Playstation 3. Perché a) ha dei processori che sono buoni per fare certi tipi di calcoli vettoriali e costano poco, b) perché ci si poteva mettere Linux. Adesso non si può più mettere Linux e quindi non si usa più. L'idea però secondo me rimane sempre valida.
Cattivi pensieri
A me la storia di questo ricercatore che è stato arrestato dopo aver partecipato a un convegno tecnlogico in Corea del Nord nel quale ha spiegato quali prospettive economiche potrebbe dare al Paese dittatoriale l'uso dell'Ethereum, la criptovaluta numero due, e la blockchain in generale, non mi torna. Cioè, che tutti abbiano diritto di fare tutto dovrebbe essere la regola, nel rispetto delle leggi. Che per l'appunto ci sono e prescrivono, sotto forma di un trattato internazionale intitolato International Emergency Economic Powers Act, di non dare questo tipo di conoscenza a paesi come la Corea del Nord. Intanto, c'è stato il solito scarica-barile, con la fondazione Ethereum che ha detto che non ne sapeva niente e che il ricercatore era là a titolo personale, mentre altri hanno sottolineato che l'uomo aveva messo il visto per la Corea del Nord su un foglio separato nel passaporto (pratica comune quando si entra in Paesi che poi non ti permettono di entrare in altri Paesi, mettiti il visto per Israele e poi entra in un Paese arabo, se ti riesce).
Persuasione e manipolazione
Che differenza c'è? Se lo è chiesto un filosofo, oltre a buona parte dell'umanità più consapevole (sai quante volte in litigi soprattutto tra genitori e figli, viene fuori l'argomento, anche se con altre parole?), e la risposta è piuttosto ampia. Però, ragionandoci sopra, un po' di cose si possono dire: se l'influenza di una persona sull'altra è manipolativa o persuasiva, ad esempio, si può determinare anche dal modo in cui viene utilizzata. Prendete Otello, per esempio, e l'uso manipolativo che Iago fa della sua gelosia.
Star Wars e tutti gli altri
Time ha scelto Bob Iger, numero uno della Disney, come uomo d'affari dell'anno. Iger era legatissimo a Steve Jobs e ha detto non molto tempo fa che se Jobs fosse stato ancora vivo le due aziende (Apple e Disney) si sarebbero con tutta probabilità fuse lo stesso. Leggo sempre la newsletter di Matt Stroller, Big, che parla in termini ferocemente critici di monopoli. Secondo lui Disney è un monopolio brutto è cattivo perché è fatto da finanza e desiderio di azzerare qualsiasi tipo di concorrenza. Per questo i film fanno piuttosto schifo, come nota anche Martin Scorsese (poi leggetevelo Stroller, che la racconta meglio lui). Comunque, io vado al cinema a vedere l'ultimo Star Wars per chiudere un ciclo interiore che dura dalla metà degli anni Settanta, come per il resto dell'umanità fantascientifica (anche se mi sento più vicino di Star Trek). Ma il ragionamento che Disney abbia fatto il record storico al box office con 10 miliardi di dollari in un anno (e ancora mancano Star Wars e altra roba) con cinque film sopra il miliardo, fa veramente impressione. La mia speranza natalizia: che la serie di Star Wars venga una volta e per sempre.
VIM CORNER
Cambiare casa (ma solo per un po')
Sto provando il nuovo MacBook Pro 16 (che tra poco devo peraltro restituire) e ho colto l'occasione per riorganizzare un po' di cose mie. A partire dalla shell: sto usando la Zsh di serie con macoS (non male) anziché reinstallare da Homebrew la Bash (che adesso ha una licenza compatibile solo con il cielo sempre più blu), e iTerm2 anziché il Terminale di serie su macOS (differenze). Qualcuno poi mi aveva chiesto dei buoni font con tutti gli attributi giusti: monospace, duospace, caratteri speciali per Powerline : ecco qui la versione ufficiale dei font di Powerline. Tra l'altro, bisogna ricordarsi le proprie piccole comodità e qualche applicativo consigliato. (Ed ecco una strategia di personalizzazione simile alla mia, che però è più semplice, con Vim al centro, perché si può anche usare per programmare in Lisp).
Altre piccole cose testuali
Già che siamo dalle parti della shell, conoscete googler? Se passate molto tempo con le dita sulla tastiera, magari volete fare delle ricerche su Google e News direttamente dentro il Terminale. Si riesce a fare qualcosa anche con iPad. Infine, come alcuni di voi sanno, sono un felicissimo utente di Workflowy (ecco il mio referral, così abbiamo tutti più spazio grazie al modello freemium). Adesso ho trovato Dynalist, che non è niente male. C'è anche l'app per macOS e per iOS, oltre alle estensioni per Firefox e Chrome. Peccato sia anche questo freemium.
Coding
Un po' più hardcore: questo articolo su come scrivere le librerie per i videogiochi (in C, rispettando una serie di norme di ingegneria del software ma anche di buon vicinato e di buon senso) secondo me è una buona lettura per chi programma in generale. Ah, e parlando di giochi: per chi ha una vm con MS-Dos, su Internet Archive c'è un piccolo paradiso. Invece quest'altro articolo spiega bene perché i database tendono ad usare strutture dati ordinati mentre quando si programma si usano hash tables. Ah, e poi se state esplorando il Go, qui ci sono principi di versioning.
Webbing
Si dirà "webbing"? Ce ne frega qualcosa? Questo numero di Mostly Weekly passerà già alla storia perché ho coniato "nostalgioco" (vedi sotto), potrei anche accontentarmi. E invece: si prende una rete neurale addestrata ad hoc, le si dà in pasto il mockup di un sito web (che poi è un altro modo per dire "pdf"), e lei te lo trasforma in un sito web statico. Se la cosa funzionasse veramente potrebbe evitarci milioni di ore uomo di litigate tra designer grafico e sviluppatore di siti web ("Fammelo con Bootstrap"; "No, te lo faccio con Indesign e te lo esporto come pdf"). Per non farsi mancare niente, qui c'è anche un tutorial ad ampio respiro su come fare a trasformare i mockup in siti web grazie al deep learning.
Rainy day – Foto © Antonio Dini
TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo
In questi giorni mi sono affidato a un amico, Luca Perna, grande appassionato di cose di Apple, che ha stilato una sua personale classifica dei migliori libri sull'argomento. Bontà sua, ce n'è anche uno mio:
Aggiungo anche due giochi, questi scelti da me, il titolare di Mostly Weekly:
TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly
Poesie attraverso la Perla dell'Africa a cura di Hamid Barole Abdu è una raccolta di poesie scritte da studenti di letteratura del College School di Makerere, Kampala, Uganda. Il libro ha vari scopi: far conoscere l'Uganda, far esprimere giovani studenti, capire dai loro pensieri come immaginano l'Uganda. Il libro è una produzione artigianale, verrà tradotto in altre lingue oltre all'italiano (la nostra versione è curata da Daniela Buccioni) e, nonostante sia un progetto di qualche anno fa, ha lasciato una traccia che vale la pena seguire.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.
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