December 22, 2019

[Mostly Weekly #42] "Six by nine. Forty two."

Mostly Weekly #42

La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)

A cura di Antonio Dini
Numero 42 ~ 22 dicembre 2019

"Six by nine. Forty two."
"That's it. That's all there is."
"I always thought something was fundamentally wrong with the universe."


HEAD


“Sin, young man, is when you treat people like things. Including yourself. That’s what sin is.” ― Terry Pratchett


Siamo quasi a Natale, ma Mostly Weekly non vi abbandona. Né questa né la prossima domenica (o quelle successive). Invece, anziché celebrare lo spirito natalizio, che non so quanti sentano con piacere e invece quanti subiscano controvoglia, vorrei tirare fuori un argomento ahimé spiacevole. La fine della società nella quale stiamo vivendo. La sconfitta dei valori sui quali è costruita. La vittoria dell'avidità su tutto il resto.

Nell'ultimo anno ho letto fin troppe storie che raccontano come questo stia accadendo. Cominciamo da questo articolo lungo e animato del solito New York Times (fonte di costante invidia e imbarazzo per i nostri piccoli giornalisti digital e data). Il NYT racconta come, in ogni momento, ci siano delle aziende che stanno tracciando i movimenti di milioni di telefoni cellulari e creino giganteschi archivi. Il NYT ha ottenuto uno di questi database con 50 milioni di punti di identificazione di 12 milioni di cittadini Usa raccolto fra il 2016 e il 2017. Hanno preso i dati e li hanno spalmati su una serie di mappe, per creare delle animazioni che fanno capire anche visivamente di cosa stiamo parlando. Una forma di tracciamento che non ha eguali nella storia, e che non accade in Cina o in Russia o in Corea del Nord. Accade a Manhattan, a San Francisco, a Washington DC. Non solo, ma accade in un contesto totalmente legale perché questa forma di tracciamento e sorveglianza accade in un contesto normativo che lo permette e con il consenso degli utenti, per quello che capiscono. Anche in un mondo ideale, fatto di aziende etiche e con impiegati totalmente devoti alla causa del bene comune, tutto questo non andrebbe bene. Nel nostro mondo molto imperfetto con aziende piene di furfanti e mal protette, è una catastrofe in agguato nella notte del domani.  

Uno dei temi che vengono fuori è molto antico per chi si occupa di privacy ed ha a che fare sul modo con il quale si chiede l'autorizzazione all'uso dei dati degli utenti. Anche con la migliore e più chiara formulazione non è possibile dare il fine ultimo di quel che si raccoglie veramente, perché non sono i dati di per sé ad avere un significato, ma la loro correlazione con altre fonti di dati. Informazioni apparentemente neutre (usare una app per trovare un ristorante) possono essere messe in relazione con altre e creare un profilo non solo a fine pubblicitario. Oppure i dati possono essere ceduti a soggetti terzi in grado di fare altri tipi di elaborazioni sgradite. C'è un altro articolo che mi ha colpito: 23andMe, una società che fa test da casa per il DNA (quelle cose per sapere i parenti, gli antenati, le malattie pericolose) ha venduto i dati dei suoi clienti per 300 milioni di dollari al colosso farmaceutico GlaxoSmithKline. Lo ha potuto fare perché, tra le clausole, c'è quella che prevede che i dati possano essere utilizzati a fine di ricerca scientifica. Nobile idea, ma che declinata sulle big pharma suona un po' meno nobile e disincantata. Considerando oltretutto che le persone hanno pagato 23andMe per farsi fare il test, ma adesso queste loro informazioni (il DNA) viene usato per guadagnarci, non dovrebbero avere anche loro una fetta della torta?

Non sono problemi nuovi, e si inseriscono in un quadro più ampio che ha il suo perno nei grandi monopolisti dei dati e delle relazioni digitali, cioè Facebook, Amazon, Twitter e Google. Ogni tanto uno di questi perde una tonnellata di dati dei suoi utenti (per la precisione: Facebook si è fatto rubare i dati di 267 milioni di utenti) ma il mondo sembra andare avanti. E c'è sempre più gente che pratica lo sport della Cassandra, battendo la grancassa del pessimismo, aumentando il rumore al punto che qualsiasi esercizio di critica sostanzialmente si perde nel mare delle visioni radicali, umorali, atemporali, senza senso, semplicemente matte, che ci sommergono ogni giorno. Cosa resta?

Un buon consiglio sarebbe ricercare il senso delle cose, essere gentili con tutti inclusi noi stessi, consumare molto meno, essere più consapevoli, e soprattutto considerare le altre persone come tali, e non come oggetti nel teatro mentale del nostro narcisismo. Perché l'unico vero peccato è trattare gli altri, e noi stessi, come delle cose. (E così alla fine ho scritto una lettera di Natale lo stesso: auguri)



Voyeurs – Foto © Antonio Dini



In questo numero:

- Head
- Body
- Vim Corner
- Tsundoku Regular
- Tsundoku Poetry Room


BODY

Iron Man e l'intelligenza artificiale
YouTube ha rilasciato un documentario per la serie "originals". Si intitola "The Age of AI" ed è prodotto, presentato e narrato da Robert Downey Hr. La serie è composta da otto episodi che cercano di capire quale sarà il futuro dell'intelligenza artificiale: quali le possibilità, quali gli incroci con gli esseri umani e soprattutto quali le cose assurde che si dicono e si scrivono delle AI e che invece non sono vere. Google ha appena resto gli originals di YouTube gratuiti: potete vedere tutta la serie senza pagare niente, però un episodio alla settimana; oppure, se siete fra i tre abbonati al servizio, potete vedere tutto in un colpo solo. Trema Netflix.

Le AI si mangeranno le UI?
Intanto, un ragionamento: si parla sempre più spesso di sistemi di intelligenza artificiale che prendono il posto dei lavori di esseri umani. Alcuni pensano che non potrà mai capitare al proprio lavoro. Però ci sono tipi di AI che sono studiate, anziché per fare singole attività, per occuparsi di problemi più ampi, seppure ripetitivi. Un campo che sembrerebbe al sicuro, ma in realtà non lo è, è quello delle interfacce utente. Serve capire la psicologia degli utenti per riuscire a costruire dei prodotti usabili. Ma analizzando i click e gli altri pezzetti della navigazione degli utenti, con altri dati come il loro battito cardiaco, i movimenti degli occhi, la dimensione delle iridi, la frequenza della respirazione e via dicendo, si possono avere un sacco di informazioni utili a rendere più efficaci le AI che si occupano di fare da interfaccia con gli utenti. Insomma, le AI si mangiano le UI, a quanto pare.

La fine di WordPress
WordPress è il modo "dinamico" con cui si fanno circa un terzo dei siti web del pianeta. E non va bene, almeno secondo me. Anche perché le vulnerabilità del PHP sono clamorose senza contare il quantitativo di plugin installati per ciascun sito (da 20 a 50) che portano ad altri problemi di sicurezza e prestazioni. C'è così chi lavora assiduamente per rendere praticabili i siti statici, fornendo loro un CMS che permetta di editarli "live". Un esempio è Tharzen.

Pubblicità memorabili
Circa dieci anni fa negli Usa è uscita una pubblicità di una marca di caffè: Folgers. Lo spot, intitolato "Coming Home" aveva un concept interessante: un ragazzo di circa venti anni torna a casa dopo essere stato 18 mesi in Africa nei Peace Corps. Arriva la mattina prestissimo e trova solo la sorella minore, che è appena diventata grandicella ed è cambiata al punto che quasi non la riconosce. E buon dio se è cambiata. Abbastanza da rendere tutto surreale e involontariamente (ma decisamente) incestuoso: GQ ha ricostruito la storia orale dello spot che ha ispirato un milione di video parodistici, addirittura fanfiction slashdot. Insomma, una delle storie di pubblicità che diventano qualcosa d'altro più belle degli ultimi anni ("più belle" è in senso ironico, papà? Sì, piccolo, lo è).

Oracle ha lasciato il cuore a San Francisco (se solo ne avesse uno)
OpenWorld, la gigantesca conferenza organizzata ogni anno da Oracle, che muove circa 60mila persone, lascia San Francisco per i costi troppo elevati e si sposta a Las Vegas, al Caesars Forum. La perdita per San Francisco sarà di 64 milioni di dollari.

Il senso di Google per le nuvole...
Buoni e ambiziosi propositi da realizzare (se ci riescono). Salta fuori infatti che l'anno scorso Alphabet ha deciso di diventare uno dei due più grandi operatori di servizi cloud del pianeta entro il 2023, con l'obiettivo di generare 8 miliardi di dollari di utili all'anno. Oggi Google è in coda dietro ad Amazon con i suoi AWS, Alibaba e Azure di Microsoft.

...e i chip di Amazon per le sue
Intanto Amazon Web Services (AWS) ha tenuto settimane fa il suo evento annuale a Las Vegas dedicato al cloud e dintorni. E ha presentato una nuova generazione di processori su architettura Arm per le macchine che animano il suo cloud: 32 core, più efficienti, più economici. Nel 2025 il cloud avrà una carbon footprint pari al 10% di quella planetaria totale. Per fare un paragone, l'industria del trasporto aereo inquina meno: è in calo costante e oggi è a meno del 5%.

Gente, abbiamo la "membrana blu"
Un gruppo di scienziati ha creato un nuovo tipo di membrana che permette di acqua di mare e acqua dolce per creare energia elettrica: potrebbe arrivare a produrne 2,6 terawatt all'anno. Funziona così: quando si mescola l'acqua salata con quella dolce, il movimento degli ioni genera elettricità: serve però un materiale adatto a raccogliere questo potenziale elettrico. Nel 2013 non ci eravamo riusciti, adesso sì, e la versione realizzata è ancora migliorabile in termini di efficienza.

Tesla fa scintille in Australia
Intanto Tesla ha raccolto un notevole successo con il suo Virtual Power Plant realizzato in South Australia. Funziona così: le case dotate di pannelli solai e Powerwall (la batteria per accumulare e dare continuità quando non c'è sole) funzionano come un gigantesco accumulatore distribuito. Un Virtual Power Plant. Se salta la corrente, come è accaduto alla centrale di produzione a carbone di Kogan Creek nel Queensland, ogni singola casa "scatta" e rilascia energia per alimentare la rete, senza blackout. Ne sono bastate 900 per superare la crisi. L'obiettivo di Tesla è arrivare a una rete di 50mila case. A quel punto l'impianto virtuale sarà in grado di funzionare anche da alimentatore con una potenza di 250 megawatt, e accumulare altri 650 megawatt usabili in tutta la regione in caso di problemi.



VIM CORNER

Microbrowser
I microbrowser sono ovunque. Si tratta di quei micromotori che renderizzano un sito web per avere le minuscole anteprime dentro Facebook, Twitter, WhatsApp e vari altri contesti. Sono anteprime di link, certo, ma sono anche estremamente importanti perché molte decisioni sulla navigazione (clicco o non clicco?) vengono fatte partendo da quelle microschermate. E sono tecnicamente molto meno banali di quel che non sembra: ce ne sono di vari tipi e con differenti stili, funzionano tutti azzerando le interazioni con il sito a cui punta il link, per cui sono anche difficili da trovare nei log. Insomma, sono una sorta di ecosistema a sé stante, praticamente invisibile ma in realtà gigantesco. E molto trascurato.

Esercizi per il giovane programmatore
In questi giorni di festa perché non mettersi finalmente a fare qualcosa di semplice e al tempo stesso di utile per far schioccare le sinapsi come fossero nacchere? Un editor di testo, un gioco 2D game (tipo Space Invaders), un compilatore con Tiny BASIC, un mini-sistema operativo, un foglio di calcolo (ma è tosto) o un emulatore di console per video giochi (tosto anch'esso). Enjoy.

 

Punk co-working - Foto © Antonio Dini
 


TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo

  • Lungo la strada di Aldus Huxley: le "annotazioni di un turista" di Huxley sono un'opera di viaggio, minore, dimenticata o quasi. Eppure questa sorta di educazione sentimentale al viaggio è un'opera importante e illuminante. O perlomeno, lo è stato nel 1958 e negli anni immediatamente successivi alla sua uscita. (Molto bello anche L'isola, metà romanzo e metà trattato sociologico sulle utopie e le distopie, però)
  • Dolore di Zeruya Shalev è un romanzo volendo anche semplice ma duro, affilato, che attraverso una serie di situazioni e stati d'animo diversi fondamentalmente tocca un solo tema: il dolore che lacera, ferisce, strappa, non è curabile e non è sanabile. Non è neanche dimenticabile. Una buona lettura natalizia, no?
  • Le cose dell'amore di Umberto Galimberti. Recita la quarta di copertina: "L'acutezza del pensiero penetra i meandri del sentimento e del desiderio, registrando i mutamenti intervenuti nelle dinamiche dell'attrazione, nel patto con l'amato/a, nei percorsi del piacere (dall'onanismo alla perversione). Sullo sfondo si muove, come un fantasma, continuamente evocato e rimosso, quello che propriamente o impropriamente gli uomini non smettono di chiamare amore".
  • G.I. Blues (in Italia Café Europa) di Norman Taurog è un film del 1960 con Elvis Presley e la ballerina sudafricana Juliet Prowse. Lei è stata un personaggio minore ma consapevole, che ha attraversato brevemente la vita di Frank Sinatra ("Sinatra era una persona complessa, dopo qualche drink diventava una persona difficile") e di Elvis Presley ("Elvis ed io abbiamo avuto una relazione. Avevamo un'attrazione sessuale come due giovani sani, ma lui era già vittima dei suoi fan. Ci siamo sempre incontrati nella sua stanza e non siamo mai usciti"). Il film è una commedia romantica leggera e in divisa, all'epoca in cui Presley aveva fatto il militare. Lei ballava alla grande.


TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly

Crolli di Rosaria Lo Russo, Firenze, Le Lettere 2012, è il secondo libro di poesia che trattiamo di questa autrice, dopo aver segnalato nel numero 19 di Mostly Weekly un altro suo volume di poesie intitolato Nel nosocomio. La poetessa è un'artista proteiforme: lettrice-performer, traduttrice, saggista, voce recitante, attrice e insegna letteratura e lettura di poesia ad alta voce a Firenze, dove vive e lavora. Crolli è una raccolta che ha come oggetto il disfacimento, tra il personale e il sociale, declinato attraverso lo sguardo intuitivo e la prospettiva mediatica. Libro duro, se lo leggerete pagherete pegno.


I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.


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