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(quella che esce quando è pronta)
A cura di Antonio Dini
Numero 44 ~ 5 gennaio 2020
Grandi trasformazioni all'orizzonte – Foto © Antonio Dini
In questo numero:
- Head
- Body
- Vim Corner
- Tsundoku Regular
- Tsundoku Poetry Room
“Most people overestimate what they can do in one year and underestimate what they can do in ten years.” - Bill Gates
HEAD
Credo sia possibile generalizzare la citazione di Bill Gates in apertura di questo numero di Mostly Weekly e riferirla non solo alla maggioranza delle persone, ma più in generale alla nostra attitudine come specie. Questo decennio che si è chiuso è stato portatore di trasformazioni profonde, il prossimo lo sarà ancora di più. Non solo perché oggigiorno le cifre che indicano le quantità sembrano impazzite. E lo sono: produciamo mille volte più transistor in un anno che non la somma di tutti i chicchi di grano, di riso e di avena che crescono sul pianeta, e questi transistor consumano più energia elettrica dell'intera California, che è come dire Spagna, Portogallo e un pezzo di Francia. Oppure, che in tre anni (2011-2013) la Cina ha utilizzato il 50% in più di cemento di quanto non ne abbiano usato gli Stati Uniti in tutto il ventesimo secolo. O che, sempre la Cina, apre 50 nuovi mega-ponti all'anno; il resto del mondo meno di dieci (attualmente dei 100 ponti più alti al mondo, 81 sono in Cina).
No, il cambiamento non è soltanto questo. Questo articolo contiene una serie di ipotesi ragionate su quel che succederà nel prossimo decennio. La crisi climatica sarà l'equivalente della Seconda guerra mondiale, occorrerà allocare ingenti masse di soldi per proteggere l'ambiente e cambiare i cicli industriali. L'automazione intanto continuerà a spingere verso il basso i costi di produzione e i servizi, e cambiare in maniera sempre più drastica il modo con il quale lavoriamo e accumuliamo ricchezza. La Cina, lo avrete capito dal paragrafo precedente, è destinata a recuperare il ruolo di Paese più "grande" del mondo che ha sempre occupato tranne che per due secoli (gli ultimi due).
Gli usa si chiuderanno in una nuova fase di isolazionismo, mentre dal punto di vista digitale ne succederanno delle belle: entro i prossimi dieci anni Euro, Yuan e Rublo verranno sostituiti da altrettante criptovalute, l'internet si frammenterà su base geopolitica e si decentralizzerà dal punto di vista dei servizi. Verso la fine del decennio la maggior parte della produzione di cibo avverrà in laboratori/fabbriche, e il regime alimentare vegetariano diventerà la regola e non più l'eccezione anche in Occidente. Intanto, la sorveglianza di massa diventerà ubiqua, ci saranno nuovi prodotti per "pulire" la reputazione digitale delle persone o cercare di garantirne fettine di anonimato e privacy. La generazione X e Y finirà di sostituire i baby boomer sia nelle aziende che nelle istituzioni, mentre gli elettori e gli azionisti saranno in media molto più anziani che non nei due secoli precedenti. La genetica, se non ci brucerà tutti, promette di vincere una serie di malattie terminali, mentre la riproduzione potrà avvenire sempre più spesso al di fuori dell'utero ed essere geneticamente modellata, creando un cambiamento sociale notevole, con ineguaglianze (figli migliori ai ricchi) e confusione di ruoli (svincolando la donna dal determinismo biologico dell'essere unica portatrice di figli).
Provo un altro punto di vista. Gli anni Venti del millennio sono anche particolarmente lontani da quello in cui buona parte delle persone oggi vive considera "normale": c'è un sito che ha provato a mettere insieme le differenti proporzioni per farci capire. Ad esempio, per chi è nato negli anni Ottanta (e si avvicina quindi ai 40), cominciano le incomprensioni con chi è nato negli anni Duemila: per questi ultimi infatti la presidenza Obama diventa un ricordo come per molti dei "vecchi" è stata quella di Reagan; l'11 settembre è distante da loro come per noi lo sbarco sulla Luna; gli anni Novanta gli sembrano distanti come lo erano per noi gli anni Sessanta (e gli anni Settanta sembrano gli anni Quaranta). Ma la cosa più strana è che molti dei ragazzini e delle ragazzine di oggi vivranno per vedere il 2100. Ci pensate? Perché noi no, con tutta probabilità.
La cosa ancora più strana, e da capire urgentemente, è la violenza. Che adesso non è più una distorsione dei media ma un problema vero. La prendo da lontano, parto sempre dalla Cina. Ci sono varie startup cinesi che propongono la circolazione su biciclette a noleggio. Le cose però non vanno benissimo. Mobike, ad esempio, ha dichiarato che ha perso più di 200mila biciclette nel 2019 a causa di furti e vandalismo. E questo nonostante abbiano una serie di controlli digitali e fisici, e non si facciano problemi a chiamare la polizia. Ma le persone continuano a prendere le bici e portarsele a casa, o buttarle nei fiumi o giù dalle scarpate. O bruciarle. Come risultato, Mobike ha chiuso le sue attività in molte città in giro per l'Europa, mentre la rivale Gobee di Hong Kong si è proprio ritirata dal Vecchio continente a causa della violenza continua contro le sue bici. La rabbia. Il vandalismo. La gratuità di questi gesti incivili.
Il tema della violenza infatti continua a crescere. Durante quest'ultimo capodanno la gente si è ferita, menata, ubriacata, vandalizzata, picchiata, violentata. Senza contare quanti botti sono stati sparati. Lo so, detta così suona come una cosa assurda (soprattutto perché io ero a casa a dormire, a capodanno). Ma c'è un cambiamento profondo in corso, non si può far finta di non vederlo. Ne aveva parlato nel 2014 Martin Gurri, ex analista della Cia, che ha scritto un libro intitolato The Revolt of the Public frutto del suo lavoro come analista della politica e del sistema dell'informazione planetaria. Una lavoro di "open intelligence" insomma, sulla base del quale Gurri ha tracciato dei vettori di evoluzione. Secondo lui infatti la rivoluzione digitale trasformerà tutto lo spazio dell'informazione e darà potere al pubblico, che potrà partecipare sempre più direttamente alla politica, disintermediandosi. Questo genererà un impulso profondo di rivolta contro le istituzioni dominanti della società e le élite che sono al comando: governi, sistema dei media, accademia, finanza. Attenzione, il populismo c'entra, ma è una conseguenza (come per sua natura, molto opportunista), non la causa di questa trasformazione. È un fenomeno che parte da lontano, magari dalla fine degli anni Novanta (ricordate le marce no global?) e che è stato tamponato per due decenni, così come è stato evitato con attenzione lo scontro fra Usa e Cina. Ma adesso i nodi stanno venendo al pettine. Sotto forma di violenza.
Non a caso, come sostenevano i politici di un tempo, il modo migliore per compattare una pubblica opinione divisa e potenzialmente ostile è sventolare la bandiera del nazionalismo o, meglio ancora, andare a fare la guerra. Così il nemico diventa l'altro, e la pubblica opinione non si ribella più sui temi interni di economia e politica. E il bagno di sangue castra una generazione potenzialmente pericolosa.
Finito. Non prendetela come una geremiade. Non voglio proporvi una serie di previsioni da teorico della cospirazione o da pessimista cosmico. Non penso che siamo di fronte a un progetto che mira al caos partendo dalla volontà di un gruppo nascosto (finanza, militari, templari, rosacroce, mettete voi quel che preferite). In generale, di fronte ai fenomeni sociali, economici e religiosi non sono favorevole a chi crede che si tratti di "progetti". Penso invece che si tratti di "sistemi", che oscillano e in determinati momenti rischiano di perdere l'equilibrio a causa dei troppi sussulti. Gli organismi dei singoli e le civiltà intere sono sistemi che collassano proprio per questi fenomeni di sbilanciamento. La somma di mille cambiamenti, in un senso o in un altro. Oppure in qualsiasi senso, perché diventa impossibile capire quale sarà l'impatto complessivo.
Volete un esempio? Barcellona, che avvia il suo esperimento per creare una smart city senza automobili, riducendo rumore e inquinamento in alcune aree della città, a costo di stravolgere la vita dei residenti. Parcheggi sotterranei, aree pedonali infinite, accessi discriminatori, mentre gli appartamenti esplodono e diventano fonti di rendita per via di AirBnB, mettendo in ginocchio i vecchi affittuari, e le amministrazioni locali investono in opere infrastrutturali di viabilità e in eventi per valorizzare le specificità locali anziché ricucire le tensioni sociali creando dei cuscinetti o nornando le aree speculative più aggressive. A Barcellona come a Milano come a Seattle, oppure in decine di città in Cina. Tutti in attesa delle auto che si guidano da sole, se mai arriveranno, e della prossima fiera, della prossima linea di metropolitana, della prossima gentrificazione. Con enormi costi ed enormi opportunità.
Per chi? Per quanto? Soprattutto, perché?
BODY
Ho deciso di limitare fortemente questa sezione, tendenzialmente chiuderla o ridurla come questa settimana a tre segnalazioni e magari fondendola con Vim Corner, a favore di un articolo iniziale più ragionato. Che ne dite?
Autarchia sociale
Facebook pare sia al lavoro per realizzare un suo sistema operativo. L'obiettivo è far fuori Android sui telefonini e tablet (o altro, vedete tra un attimo), creando un proprio ambiente. Costruire un sistema operativo da zero non è banale, probabilmente la via scelta sarà quella di un sistema di realtà aumentata/virtuale, cioè XR. I vantaggi sarebbero molti (recuperare il controllo completo dei dati degli utenti, ad esempio, senza più doverli condividere con Google e Apple) e potrebbe diventare l'interfaccia di dispositivi finora inediti, come occhiali smart, televisori, sistemi per l'automobile e via dicendo. Attenzione, è probabilmente un tentativo giusto per coprire anche questa opzione e dare un senso all'acquisto di Oculus, ma in realtà ci potrebbe essere di più. Non dimentichiamo che Facebook dieci anni fa ha intuito che il vettore di cambiamento passava non più dal web ma dalle app per i telefonini ed ha trasformato tutto per poter funzionare anche in quell'ambiente. Mossa strategica decisiva che gli ha fatto vincere la prima guerra dei social.
Cervelloni per essere più intelligenti
Il presente è nelle mani dell'intelligenza artificiale: è diventato un elemento economicamente rilevante e tutti vogliono il loro particolare tipo di rete neurale addestrata per avere un sistema di machine learningche fa quel che deve fare. È una corsa alla potenza di calcolo, fondamentalmente, perché dati e algoritmi già ci sono. Se la limitazione sono le CPU e le GPU generaliste, se ne fanno di specializzate. Come questo di Cerebra, che abbatte i tempi di training dei modelli (che possono arrivare sino a sei settimane) portandoli a questioni di poche ore. Come fa? È un chip molto grosso: i Wafer Scale Engine è grande come un wafer da fonderia, cioè tutta la torta su cui si fotoincidono i singoli die dei processori. Questo vuol dire che è circa 50 volte più grande della più grande GPU: messi tutti assieme gli elementi del Wafer Scale Engine hanno infatti una superficie complessiva di 46.266 millimetri quadrati. Il WSE 1,2 mila miliardi di transistor, 400mila core, 18 gigabyte di Ram e connessioni interne capacità di muovere circa 100 milioni di miliardi di bit al secondo. È la prima volta che si riesce a creare un chip così grande).
Una lezione sulla fisica dei videogiochi
Le scelte hanno sempre delle conseguenze. In questo caso, la scelta del modo con il quale si comportano le pallottole in un videogioco può portare alla definizione di universi completamente differenti, dove le leggi della fisica sembrano seguire regole assai differenti. Una lettura affascinante.
VIM CORNER
Ricette per le vacanze: un Raspberry Pi 4 nella borsa
C'erano varie altre cose di cui volevo scrivere qui questa domenica, ma ho deciso di raccontare solo questo piccolo progetto. Ho infatti trovato per caso (come sempre succede) questo video di Tech Craft dal titolo intrigante: My Favourite iPad Pro Accessory: The Raspberry Pi 4. Avendo un RPi4 (sino a quel momento mai usato) e un iPad Pro, mi sono detto: perché no? In poco tempo, seguendo sia quest'altro video di Tech Craft che questo tutorial sul web (e la guida ufficiale per la creazione di una SD con Raspian, ovviamente), ho fatto tutto. Il RPi4 adesso si collega all'iPad Pro (o al MacBook) via Usb-c senza bisogno di alimentazione o altro. Tech Craft di lavoro fa il programmatore e utilizza l'iPad Pro per programmare su macchine remote, ma con il RPi4 ha una distribuzione Linux che può portarsi sempre dietro. E poi è divertente. Se lavorate con Jupiter, ad esempio, oltre a usare Juno per repository locali, potete usare il client per connettervi a quelli su RPi4. Per me invece questo è un'ottimo modo per testare alcune app per iPadOS come Prompt 2, Blink, WorkingCopy, Code Editor by Panic, Textastic, Cathode (che è in realtà più divertente che utile) e infine iA Writer che, in congiunzione con WorkingCopy, è uno strumento potentissimo ad esempio per lavorare comodamente in markdown (una alternativa molto valida è 1Writeroppure Pretext, che è oltretuttto gratuito) tenendo i documenti sincronizzati con git su macchine diverse. Ah, quasi dimenticavo: Buffer Editor! Un mito. Invece, per chi abbia bisogno di un editor LaTeX (non c'entra niente, ma è utile), c'è Texpad LaTeX Editor che sta facendo furore, anche se pure lui costicchia. Si apre una nuova era per gli iPad? Dubito di vedervi andare a giro con un Raspberry Pi in borsa. Ma chissà: forse, magari un giorno, chi può dirlo?
TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo
TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly
Five Poems by Toni Morrison (di Toni Morrison). Scomparsa ad agosto dell'anno scorso, la scrittrice, saggista, poetessa e professoressa vincitrice del premio Pulitzer (1987) e del premio Nobel per la letteratura (1993) era un gigante praticamente sconosciuto al di fuori delle cerchie dei letterati e delle poche persone che ormai leggono queste cose, almeno qui da noi. Per fortuna ci offre l'opportunità di rimediare The Believer, che pubblica cinque brevi poesie della donna con una introduzione del poetry editor Jericho Brown: "Of course, she wrote poems. Her work in verse seems over and again to show us a woman facing death, and facing it with all the life she can."
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.
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