La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)
A cura di Antonio Dini
Numero 50 ~ 16 febbraio 2020
“I fiocchi di neve sono lettere inviate dal cielo.” – Ukichiro Nakaya
In questo numero:
- Head
- Body
- Vim Corner
- Tsundoku Regular
- Tsundoku Poetry Room
Credo sia arrivato il momento di pagare un debito ideale con uno degli autori che amo di più. Il motivo per cui mi piace semplice: è l'autore che ha reso più luminosa e vivace la mia altrimenti cupa adolescenza. Così, questa settimana lo Tsundoku è dedicato a Douglas Adams, il cui "Mostly Harmless" è peraltro alla base di "Mostly, I Write" e quindi, indirettamente, anche di "Mostly Weekly". Nel mezzo, come sempre, altre cose interessanti (almeno, sperém). Buona lettura.
HEAD
La morte della proprietà privata
Questa in realtà non è più neanche una notizia fresca e ne abbiamo tutti scritto qua e là nei giorni scorsi. Io però ho aspettato anche perché vorrei trovare degli argomenti un po' più profondi, ma in realtà pare che la storia sia semplicemente questa: Tesla ha venduto un'auto ricondizionata, con i due livelli di navigatore software automatico e assistito installati, a un dealer di auto che a sua volta l'ha rivenduta a un cliente finale. Il quale l'ha comprata anche perché c'era il suddetto navigatore (che costa qualche migliaio di dollari): era una auto full optional, come si dice. Poi Tesla ha fatto una review e ha deciso di cancellare da remoto il navigatore perché non gli era stato pagato dall'utente. Pare che lo possano fare. La notizia ha fatto arrabbiare i detrattori di Tesla e anche qualche suo estimatore.
Questo in realtà apre la strada a varie altre considerazioni sull'economia dell'accesso, sull'intangibilità del software, sugli abbonamenti anziché gli acquisti per cui quando smetti di pagare si smaterializza il film digitale, il libro digitale, il disco digitale. Il problema è sentito. Perché non accada che tutto si blocchi negli Usa hackerano i trattori e gli mettono un firmware ucraino: hanno il terrore che la John Deere glieli spenga da remoto se smettono di pagare l'abbonamento. Amazon a suo tempo aveva censurato dei libri (di George Orwell, nientemeno), estraendoli da remoto dai Kindle di gente che li aveva comprati. E insomma, veramente tanta roba: a quanto pare anziché Marx è stato un esercito di genietti del computer a decretare la fine della proprietà privata.
Ma siamo sicuri che sia davvero così? Perché c'è sempre stata gente che è andata a prendere i libri in biblioteca (anche perché una volta letti e riletti non è che poi uno se li può mangiare, questi benedetti libri: da qualche parte devi pur metterli via), mentre la televisione una volta faceva passare tutto e ritenere niente, a meno di non avere uno studio di registrazione vhs pirata degno di una centrale di Echelon. E la musica? I dischi (quelli che i giovini chiamano "vinili") erano tutto tranne che per sempre. Infatti la musica era liquida per definizione e volava sulle onde della radio. L'impermanenza, una volta, non è una brutta cosa. Pagarci una tassa sopra per poterne fruire però è un altro discorso. Il problema, come avrete capito, ha varie sfaccettature. Voi da che parte della barricata state?
Aspettando un'opportunità migliore – Foto © Antonio Dini
BODY
Las Vegas, perché no?
Continuo a "inciampare" in questo articolo di The Believer, rivista che seguo dal primo numero (ho un intero scaffale pieno dei suoi 129 numeri) che spiega che vivere a Las Vegas non è una brutta cosa. Negli ultimi venti anni Las Vegas è stata per me una destinazione di lavoro relativamente frequente, con cadenza più che annuale. La città è cresciuta in maniera smodata ed è molto diversa da quello che si potrebbe immaginare (di solito si pensa allo Strip e ai casinò, invece c'è molto di più). The Believer invece è una rivista in cui sono inciampato per caso una quindicina d'anni fa per via del mio capo di allora, che mi chiese di comprargli qualche numero negli Stati Uniti, e che da allora non ho più lasciato andare. A un certo punto, pochi anni fa, l'editore McSweeney's (cioè Dave Eggers) ha venduto la rivista al Beverly Rogers, Carol C. Harter Black Mountain Institute (in breve Black Mountain) che ha sede nell'università di Las Vegas. Sono stato anche a trovarli, una volta, un anno e mezzo fa. L'incrocio non poteva essere più singolare e al tempo stesso intrigante. Per me Las Vegas rimane ancora in piccola parte l'ultimo posto onesto d'America, ma è diventata anche una città dove si potrebbe vivere. Sul serio.
Dieta californiana
È triste pensarlo, ma a quanto pare i dipendenti di Google mangiano le loro verdure e insalatine varie perché l'azienda si è fatta furba e cerca di fare bene alla salute dei suoi dipendenti tardo-adolescenti anche contro la loro volontà. In pratica, come ricorderete le mense di Google sono gratuite e piene di cose buone (dal sushi allo stinco di porcello, letteralmente) perché servono a trattenere i giovani PhD nell'azienda (stessa funzione anche i biliardini, le sale colorate con i cuscinoni e le varie altre cavolate). Per le mense all-you-can-eat c'è un problema, però. Da un punto di vista di regime alimentare vengono usate molto male dagli utenti, che fanno diete improbabili a base di zuccheri, zuccheri, zuccheri (e ancora zuccheri). Così, per "costringere" tutti a fare scelte di piatti più salubri come scelte di default, quelli di Google si sono messi d'impegno. E hanno creato dei percorsi "virtuosi" che vengono scelti non tanto perché sono sani (la cosa logica e ragionevole da fare) ma in quanto tali, cioè virtuosi, e quindi adatti a dare soddisfazione personale ai dipendenti, che si sentono di essere "santi" e quindi bravi. (Tutto questo finirà poi come base per qualche algoritmo di scelta e selezione di pubblicità per gli utenti, ne sono sicuro).
Facebook, the Inside Story
Steven Levy, che è uno dei miei giornalisti e autori preferiti, ne ha fatta un'altra. Tra pochi giorni esce il suo nuovo libro, Facebook: The Inside Story, che parla ovviamente di Facebook e del suo fondatore, Mark Zuckerberg. In questo articolo per Wired edizione americana, una delle pochissime riviste che compro da anni, ne anticipa una parte. Sarà un libro da leggere.
Come si impugna una penna?
Questa domanda alcuni anni fa avrebbe avuto un senso completamente differente. Perché sarebbe stata rivolta a persone che avevano impugnato per tutta la vita più penne diverse (a sfera, stilografiche, con pennino, lapis e matite) con stili pragmaticamente orientati a un certo risultato. Oggi invece parlare di penne sembra di parlare di vinile (che poi nessuno avrebbe mai detto vinile, ai tempi). Con la differenza che una penna è effettivamente utile, molto più del "vinile". Ecco, come si impugna una penna? Qui si cerca di rispondere, in maniera sinceramente un po' confusa.
Quel gran business dei compiti copiati
In Kenya si impegnano molto per scrivere i compiti di studenti americani o europei. Problemi del primo mondo, apparentemente (pagare migliaia di dollari per avere tesi e tesine fatte) se non fosse che in Kenya è un vero e proprio business. Di quelli che impattano sul PIL o quasi. Secondo varie ricerche gli studenti occidentali che barano si basano su lavori in lingua inglese fatti prevalentemente nello stato africano. Perché non scopiazzare direttamente a casa? Perché ci sono i software per beccare le contraffazioni e i plagi. Invece, fare un lavoro originale va sempre bene. Anche se a farlo è un ragazzo che vive a Nairobi. Il mercato di queste cose vale complessivamente un miliardo di dollari e il Kenya becca una fettina relativamente piccola di questo giro d'affari sotterraneo. Ci sono leggi che cercano di contrastarlo (negli Usa e in Australia è reato), si è chiesta la cooperazione di PayPal e Google per bloccare i pagamenti ai siti accusati di fare brokeraggio per questo tipo di loschi affari o semplicemente che ne mostrano le pubblicità. Ma il mercato delle copie e dei compiti a pagamento continua a fiorire. Fin quando ci saranno autori preparati che hanno bisogno di soldi e studenti zucconi ma benestanti che devono passare gli esami e prendersi la laurea, questa roba andrà avanti. È una iattura molto più grave di quel che non sembra, perché svuota di senso i meccanismi scolastici, che tenderanno a diventare sempre più duri e competitivi proprio per la scarsa qualità media degli studenti che producono.
VIM CORNER
Because I can
Questo personaggio emerso dalla rete, e destinato a scomparirvi nuovamente, è probabilmente un pazzo, un disturbato, un mezzo criminale, per citare Edoardo Bennato. Non c'è altra spiegazione per giustificare chi perde tempo a costruire un telefono cellulare con selettore a disco. E oltretutto attaccato alla cornetta, vanificando in qualche modo l'idea stessa di selettore a disco. (Questo, per chi viaggia sulla memory lane, è il tedesco Siemens S62 (design realizzato però da Lino Saltini), che la Sip comprò e propagò nelle case degli italiani per quattro decenni).
Building Git
Quale modo migliore per imparare che copiare? A parte i giapponesi/taiwanesi/coreani/cinesi/ in agguato che scopiazzano i design dei maestri occidentali (ma chi l'avrebbe detto che le maison svizzere dell'alta orologeria sono nate come scopiazzatrici di quelle britanniche?) ci sono anche i giovani studiosi d'arte e di pittura che possono sedere per ore indisturbati nei musei e nelle gallerie a fare copie dei quadri dei maestri. È così che s'impara, dicono. Ebbene, perché non fare lo stesso anche con Git? Riprogrammiamolo, dunque, magari con un altro linguaggio un po' più di alto livello. Partendo da questo pdf di 711 pagine al costo di soli trentasei euro. A parte le ironie, il progetto promette di insegnare molte cose. Se solo uno avesse queste giornate di 192 ore.
hell-shit-git
Il software per la gestione delle versioni del codice sorgente in ambito collaborativo sta prendendo quota anche concettualmente. Github, che è stata comprata da Microsoft non dimentichiamocelo mai, ha appena presentato il suo progetto di client per Git versione GitHub per la riga di comando. Sono perplesso. Ma lo sono ancora di più quando vedo implementazioni come questa shit == Shell Git, che cerca di fare della provocazione la sua unica ragione d'essere (perché poi il progetto in quanto tale è inutile, come è inutile il 99% dei plug-in per Vim). Se interessa (ed è molto interessante, secondo me) è possibile anche esplorare qualche idea su come potrebbe essere un'altra informatica. Cento idee, per cominciare. Altre seguiranno (basta avere un po' di tempo e cercarle in rete per poi metterle qui, why not). C'è persino un Rinascimento per Vim (video).
Se ne sentiva la mancanza
Lo volete un bel font bitmap 8x16? che ricordi da vicino i tempi andati del Commodore 64 o dello Zx Spectrum? Ecco, l'hanno fatto qui, ed è anche un bel progettino. Al di là delle valutazioni che si possono fare sul lato nostalgico, c'è un altro aspetto del retro-computing che continuo a ritenere che sia cruciale. La relativa semplicità dei progetti e delle architetture sottostanti. Siamo arrivati a un livello di complessità bizantina inutile nel 99% dei casi (per dire: guardate il progetto Mint). Dovremmo pensare a come rifondare l'informatica applicata, secondo me.
Certe sere
Ci sono momenti in cui dimentico il saggio insegnamento per riuscire a fare qualcosa che si ama nella vita: scegliere le venti cose che ci piacciono di più, e tirare una riga dopo le prime tre. Le rimanenti 17 sono quelle da evitare come la peste perché ci faranno solo perdere tempo e ci impediranno di realizzare le prime tre. In quelle sere che me ne dimentico, una delle 17 è tornare alla fondamenta. Per la precisione: FreeBSD. Ancora meglio: un ThinkPad. Per anni (letteralmente) ho pensato alla serie X, ma in realtà ci sono anche i T. Ecco, questo giovane coraggioso ha fatto proprio questo: ha preso un ThinkPad T480 e ci ha installato FreeBSD. Hell-yeah! (Ogni anno è sempre un po' più facile)
Like a Pro
Ho una certa disistima dei libri e degli articoli di auto-aiuto che promettono di insegnare a far qualcosa "like a Pro". Mi pare un marketing da fiera di periferia, adatto per i meno capaci di intendere e di volere. Ebbene, questo articolo su come configurare Zsh nel Terminale di macOS "like a Pro", invece, nella sua semplicità non è affatto niente male.
Combattere è meglio che prevenire – Foto © Antonio Dini
TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo
- Guida galattica per autostoppisti. Trilogia più che completa in cinque parti di Douglas Adams, double edition con anche Niente panico di Neil Gaiman. La storia la sappiamo: la Terra sta per essere distrutta per lasciare il posto a una gigantesca circonvallazione iperspaziale. Che fare? Iniziano così le avventure di Arthur Dent e Ford Prefect, surreali e irriverenti viaggiatori della Galassia. Questa edizione comprende anche Niente panico di Neil Gaiman, che è un reporage-biografia dell'autore dark di libri e fumetti su uno dei più colossali scrittori di fantascienza che si ricordino a memoria d'uomo, scomparso a 49 anni l'11 maggio del 2001. Il volume cuba in totale 1.100 pagine! Questo contenuto è originale e adatto alla mente dei nerd e dei saggi.
- E un'altra cosa di Eoin Colfer è il tentativo di dare un seguito al lavoro di Adams. Il sesto episodio della trilogia in cinque parti che l'autore stava ritardando (come suo solito: "Amo il rumore delle scadenze, quando mi sfrecciano accanto"). Colfer, che è l'autore di Arthemis Fowl, sulla carta doveva avere il passo giusto per andare avanti con la serie. È invece un libro medio (per non dire peggio), però con qualche spunto geniale qua e là. Didascalico purtroppo nelle continue citazioni alla trilogia originale. Attenzione, cibo mediocre per la mente dei saggi.
- Il salmone del dubbio di Douglas Adams è composto dal materiale recuperato dai vari computer dell'autore (tutti Macintosh, ovviamente) e comprende un po' di tutto, inclusa una lettera a un direttore di una rivita scritta quando aveva 12 anni. Viene spacciata per una prosecuzione della Guida galattica ma in realtà è l'abbozzo del terzo romanzo della serie di Dirk Gently (vedi sotto). Questo è perlopiù approvato.
- Dirk Gently, agenzia investigativa olistica di Douglas Adams è il primo capitolo della seconda serie creata da Adams, con minore fortuna. Però è un peccato. Nel tempo c'è chi ha cercato di sdoganarla, addirittura farne delle serie televisive (come per la Guida galattica, del resto). Godibile.
- La lunga oscura pausa caffè dell'anima di Douglas Adams è il secondo capitolo della serie dedicata a Dirk Gently. Special Guest Star: Odino e Thor. Cupissimo ma si fa leggere (a tratti).
- Il pianeta pirata di Douglas Adams è una delle sceneggiature - l'unica completa - che l'autore ha scritto per la serie televisiva della BBC Doctor Who. All'epoca Adams lavorava anche per il Monty Python Flying Circus. Per leggerla dovete essere proprio molto appassionati di entrambi.
- L'ultima occasione. Alla ricerca di specie animali in via d'estinzione di Douglas Adams e Mark Carwardine è un libro importante, pesante e geniale. Importante perché affronta già negli anni Novanta il tema che adesso è diventato di mortale importanza, cioè le estinzioni di massa degli animali. Pesante perché l'importanza di quel che sta accadendo, in collegamento con il riscaldamento globale, trascende la nostra sopravvivenza come specie e tocca la responsabilità etica che abbiamo nei confronti delle altre forme di vita di questo pianeta (ci consideriamo gli superiori ma poi siamo solo dei predatori folli). Infine geniale perché c'è il tocco di Adams che rende questa che era originariamente una serie radiofonica per la Bbc, scritta assieme allo zoologo Mark Carwardine, una lettura estremamente godibile. Per me, it's a keeper.
TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly
Settantacinque poesie di Konstantinos Kavafis è una raccolta in italiano di composizioni del gigante greco della poesia. A me fulminò anni fa "Il dio abbandona Antonio" per una semplice questione di omonimia che aveva attratto la mia attenzione e che poi si è trasformata in interesse e negli anni grande passione. Il testo greco a fronte è fondamentale.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.
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