May 31, 2020

[Mostly Weekly #65] Il nuovo normale

Mostly Weekly #65

Il nuovo normale

La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)

A cura di Antonio Dini
Numero 65 ~ 31 maggio 2020 

“What matters most is how well you walk through the fire.” 

– Charles Bukowski 

In questo numero: 

  • Head
  • Body
  • Tsundoku Regular
  • Tsundoku Live
  • Tsundoku Poetry Room
  • Ludologia



C'è tutto un mondo intorno – Foto © Antonio Dini



HEAD

L'era del joystick 
Un Henschel Hs 293 solca l’Oceano Atlantico, volando a circa 230 metri al secondo. Siamo nel 1944 e il razzo filo-guidato dell’aviazione nazista insegue un vascello alleato. Dietro a quattro chilometri di cavo elettrico avvolto in una guaina isolante, appollaiato in un bombardiere leggero della Luftwaffe, un tecnico guida il razzo azionando un piccolo bastone di metallo ricoperto di legno: può muoversi lungo due assi e gli impulsi elettrici raccolti da quattro circuiti vengono trasmessi lungo il cavo agli alettoni e stabilizzatori del missile.

Trent’anni dopo il joystick, inventato all’inizio del secolo scorso dall’aviatore francese Robert Esnault-Pelterie e usato poi dalla Luftwaffe per dare la caccia ai bersagli alleati, diventerà la periferica di gioco rivoluzionaria dell’Atari 2600, la prima console per videogiochi a essere diffusa su larga scala prima negli Usa e poi (nel 1980) in Europa. Verrà utilizzato per comandare sullo schermo eroi, astronavi, missili e quant’altro. Ma se il joystick è il simbolo culturale dei videogiochi, non è stato affatto il primo strumento utilizzato per interfacciare l’uomo alla macchina a fini di intrattenimento.

Il primo videogioco della storia presentato al pubblico fu il Tennis for Two di William Higinbotham del 1958, che mostrava un incontro di tennis sul display di un oscilloscopio riprogrammato per intrattenere i visitatori del Brookhaven National Laboratory; le sue interfacce di comando furono due rotelle con un bottone ciascuna, antenati dei paddle dei primi tennis casalinghi. E poi Spacewar!, sviluppato da Steve Russell nei laboratori del Mit di Boston nel 1962 su di un vecchio Pdp-1 utilizzava invece le leve e gli interruttori del pannello frontale del computer per muovere le astronavi, sparare e tuffarsi nell’iperspazio.

L’era del joystick vera e propria inizia con Atari, con i primi cabinet dei giochi arcade, cioè i cassoni da bar funzionanti a moneta, e subito mostra le eccezioni che confermano la regola. Dall’età d’oro dei video games negli anni Settanta a oggi l’evoluzione dei comandi per giocare è stata molto più ricca e variegata di quella limitata delle interfacce per computer: tastiera da sola, mouse e tastiera dopo e schermo touch screen alla fine. I figli del joystick invece hanno seguito più attentamente gli insegnamenti di Brenda Laurel, una tra le prime studiose delle interfacce, evolvendo verso l’obiettivo dell’interazione naturale tra l’uomo e la macchina.

Dopo il joystick sono stati i giapponesi a rendere popolare un altro tipo di interfaccia che a tutt’oggi è la più diffusa: il joypad. Stesso concetto, solo che la leva alta dodici centimetri è sostituita da una croce digitale e poi un corto pomello rotondo azionabile con un solo dito. Si ritrova a partire dai comandi del primo Nes di Nintendo (1983) sino alle moderne Playstation 3 e Xbox 360.

Per gli appassionati di computer, invece, la tastiera assume una forma mentale diversa con i tasti utilizzati per comandare i primi giochi tridimensionali in soggettiva come Wolfenstein 3D e Doom, arricchiti poi dall’uso anche del mouse per orientare lo sguardo virtuale del giocatore. Due esempi per tutti sono Call Of Duty, che sta giungendo al terzo episodio, e Halo.

Ma soprattutto il Giappone, Paese che ha mantenuto a partire dagli anni Ottanta il primato nel settore delle console, a fiorire di idee in questo settore. E allora, ecco comandi ad hoc per un singolo gioco "speciale", soprattutto grazie alla nascita di due filoni di games prevalentemente per console: i "giochi professionali", in cui viene simulata un’attività come la guida di un treno (Densha de Go!) o la pesca lacustre (Bass Fishing), oppure i giochi musicali in cui si suona ad esempio la chitarra (Guitar Hero), si danza su tappeti e così via. Sega invece ha reso popolari con Virtua Cop le pistole ottiche, che permettono di puntare al televisore e sparare colpendo gli obiettivi.

Ma a fare la differenza adesso è Nintendo: prima con il Ds, console da passeggio, dotato di doppio schermo, quello inferiore touch, e poi con la nuova Wii. In questo caso, la rivoluzione dell’interfaccia è semplice ma geniale: giroscopi, accelerometri, bluetooth e infrarossi per rendere universale un oggetto dalla forma tozza simile a un telecomando. Senza fili, permette di mimare di volta in volta qualsiasi oggetto che possiamo manipolare nello spazio reale. Tra l’uomo e la macchina l’interfaccia è diventata più interattiva e naturale per rispondere a un semplice bisogno: divertirsi di più.

(21 dicembre 2006)   



BODY

Le leghe sulle spalle degli altri
Se pensate che razzismo, suprematismo e varie altre cose che ci hanno avvelenato come individui oltre che come società siano prerogativa solo italiana, pensate meglio. Negli Usa e nel Regno Unito adesso è in corso uno scontro fenomenale attorno al termine "Anglo-Saxon". Vorrebbero cancellarlo dai libri di scuola e sostituirlo con Study of Early Medieval England. Perché - parafraso da qui l'articolo di Aeon – l'etnonazionalismo del populismo alt-Right e dei suprematisti bianchi ha deciso che l'Alto Medioevo (quello più antico) sia un loro simbolo politico. Il risultato è che gli altomedievisti, gli studiosi di quel periodo storico, si sono trovati nella situazione in cui la letteratura, l'arte e l'archeologia che è oggetto della loro materia è diventata anche il punto centrale della propaganda e dell'ideologia di gruppi politici xenofobi e sciovinisti. Anche perché programmi televisivi-spazzatura e test del Dna stanno perpetuando stereotipi semiscientifici su vichinghi e Anglosassoni. Vi ricorda qualcosa? Ampolla di acqua del Po anyone? 

Monopolismi
Se cominciamo con lo scegliere le tecnologie e non le strategie per risolvere un problema, è come se decidessimo di vivere dentro il Mulino Bianco in compagnia degli attori che girano gli spot. Scomodo, a dir poco. E allora perché lasciamo che siano le colossali multinazionali big del tech, la negazione dell'innovazione dal basso e dell'individualità, a costruire e monopolizzare i nostri futuri mentali e sociali? Prendete questo comunicato aziendale di Facebook, che non spinge solo i suoi prodotti, ma anche una visione programmatica del mondo. Un template, in pratica. Peraltro molto poco condivisibile, a mio avviso. Sto maturando la convinzione che Facebook sia un'azienda pessima. John Gruber la definisce addirittura "a criminal enterprise"

Newscast
Negli Usa c'è polemica perché Amazon ha fornito un pacchetto video+testi ai telegiornali delle televisioni locali e un tot l'hanno messo in onda senza dire che si trattava praticamente di una velina. Amazon si è difesa rivendicando che da sempre le aziende mettano a disposizione materiali prefabbricati dagli uffici interni per la comunicazione, a quanto pare utili soprattutto durante le pandemie e relativi lockdown. Non hanno ragione, ma neanche torto: il problema infatti è dei giornalisti. Ma esiste ancora una tale professione? E poi: è ancora rilevante che esista? Se lo chiede anche l'inchiesta di Courier: "While most TV news professionals have scoffed at the idea of running Amazon-provided content as news, at least 9 stations across the country ran some form of the package on their news broadcasts. The package—you can view the script Amazon provided to news stations here—was produced by Amazon spokesperson Todd Walker. Only one station, Toledo ABC affiliate WTVG, acknowledged that Walker was an Amazon employee, not a news reporter, and noted that Amazon had supplied the video."

Dams
Una vita fa, non ero ancora maggiorenne, mi ero iscritto a una scuola di canottaggio nella mia città natale, Firenze. Alla prima uscita ho subito ribaltato la canoa e sono finito in acqua, rimanendo appeso alla fiancata e senza neanche girarla (a rischio cioè di farla affondare) in attesa che l'istruttore mi venisse a recuperare con il pattino. La corrente mi ha portato più a valle ma neanche di tanto. È stata una fortuna, perché più avanti c'era un "liscione" (così li chiamano a Firenze, perlomeno) e fino a ieri ho ignorato il reale pericolo che questo tipo di piccola diga nasconde. È una vera e propria trappola per far annegare chi ci finisce dentro. Questo video spiega in maniera spettacolare e assolutamente scientifica come funzionano i liquidi che corrono in canali aperti e perché sono molto pericolosi. Quando piove e il fiume si ingrossa, poi, diventano rischiosissimi. Insomma, pensavo di essermi beccato solo il cazziatone dell'istruttore, ma in realtà aveva ragione: il pericolo a quanto pare c'era davvero.

"Monetizzare l'individualità"
È l'alternativa ai grandi social? Oppure è la coda lunga che li porta al successo? Magari con una bella newsletter a pagamento, o magari con brevi video: atleti semi-dimenticati, mezze star che non ce l'hanno mai fatta veramente e "persino giornalisti" che possono guadagnarsi da vivere con social più piccoletti e monetizzare la loro singola individualità, per così dire. Siamo entrati nell'era degli influencer bonsai? Può darsi. (Già che ci siamo: io non monetizzo niente. Però se volete far proselitismo per Mostly Weekly, perché non la fate girare fra i vostri amici? Così aumentiamo il totalone. Dai dai dai. Penso di essere una valida alternativa "kein Profit" ai soliti schemi promozionali travestiti da individualità social).

Segni
Cosa c'è di più hipster di un documentario sui font? Ok, c'è un documentario su un singolo font. Ancora di più? Uno sketch su un altro font. Contenti? No, neanche da lontano. Vince tutto il documentario sugli stradini che disegnano e poi dipingono a mano la segnaletica a terra. Gli ur-font totalmente "organic". Attendo con ansia un altro documentario hipster, con musica lenta e lunghi movimenti di camera girati in 4k, sui tizi che si allacciano le scarpe con le loro stesse mani.

Ricorrenze
Il Solitario di Windows è stato fatto da Microsoft per far fare qualcosa a chi aveva appena comprato un Pc e soprattutto per insegnarli a usare il mouse. È una specie di addestramento che la gamification ha travestito da gioco. Adesso compie 30 anni, ma viene ancora usato ogni giorno da 35 milioni di persone. Intanto, altra ricorrenza (carramba!), Pac-Man ha compiuto 40 anni: qui una lista di cose che forse non sapete sul gioco progettato da Toru Iwatani per la Namco. Qui invece il video che racconta la storia del suo rifacimento dall'intelligenza artificiale, e qui invece il video con una bella analisi per Space Invaders, di cui non ricorre nulla ma il video vale lo stesso, datemi retta. 

Doppia torta al lampone
La fondazione britannica ha annunciato il nuovo Raspberry Pi 4 con otto giga di ram: identico rispetto alle precedenti versioni ma con più memoria (finora erano disponibili i tagli da 1, 2 e 4). Inoltre, sta arrivando anche la nuova versione a 64 bit del sistema operativo, che peraltro non si chiama più Raspbian ma Raspberry Pi OS. La nuova versione ha 64 bit per essere in grado di utilizzare al meglio la ram disponibile nei nuovi modelli. Il nuovo Pi 4 ha anche uno switch mode per l'alimentazione che fornisce più corrente per far andare al meglio il piccolo computer-su-una-scheda. Nei test di Toms Hardware in realtà c'è poca differenza nelle prestazioni tra i modelli da 4 e 8 GB. Il vantaggio principale nell'aumentare la ram sta nel poter far girare cose più grandi (o più cose). 

Test harness fai da te
I framework per i test automatici (test harness) sono complicati da fare in ambienti molto complessi, ma sono in realtà più semplici per piccoli progetti. Chris Morgan ne ha scritto uno semplice semplice per dimostrare che si può usare anche solo "make" e "git diff". La soluzione, nella sua semplicità, è affascinante.

AWS: di tutto di più
Ci sono più di 150 servizi che girano su AWS, il braccio cloud di Amazon. Conoscerli tutti in maniera approfondita è praticamente impossibile. Ma è anche difficile orientarsi. In un esercizio di sintesi tipicamente americana Joshua Thijssen, consulente It, ha fatto la listona e di ogni servizio offre in una riga la frase che lo identifica più chiaramente. Almeno, secondo lui. Ad esempio: "CloudHSM Hardware security modules. Allows you to generate and operate on cryptographic keys."

Essere Sherlockkati da Microsoft
C'era una volta un programmatore che realizzò un progetto open source di un certo successo: AppGet. In pratica, un gestore di pacchetti per Windows (tipo Homebrew per macOS e tutti quelli per Unix/Linux). Un progetto talmente buono che Microsoft lo voleva assumere oltre a fagocitare il progetto tutto intero. Salvo che poi le cose sono andate molto piano dal punto di vista dell'assunzione mentre il progetto adesso è diventato ufficialmente  parte di Windows e si chiama WinGet. Il programmatore, cioè Keivan Beigi, non se l'è presa per l'assunzione (che poi non gli interessava davvero) o per il "furto" (che poi è una opportunità prevista dall'open source, diciamo), quanto per il modo con il quale è stata portata avanti tutta l'operazione: sia per la lentezza estrema del processo (ma le multinazionali ti prendono così, per stanchezza, come insegna la più antica in circolazione oggi, quella con sede a Città del Vaticano) che per non aver reso giustizia citando in maniera appropriata la fonte da cui hanno preso l'idea e la struttura




Family affairs – Foto © Antonio Dini





TSUNDOKU REGULAR
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirlo

Snow Crash di Neal Stephenson. La settimana scorsa avevo citato un altro libro di Greg Egan pubblicato dall'impareggiabile Shake Edizioni (progetto culturale milanese collegato alla rivista Distiller di Ermanno "Gomma" Guarneri, Raf Valvola) che è più difficile da trovare. Snow Crash è stato invece ripubblicato più di recente da Rizzoli e quindi magari circola ancora. Lo metto qui perché non solo è un gran libro (Stephenson è il terzo grande autore americano di cyberpunk e questo è probabilmente il suo lavoro migliore) ma anche perché tra un po' esce la serie televisiva su HBO Max e poi, chissà, magari arriva anche qui. Io, ve lo dico, me la guardo. 

The Goes Wrong Show della compagnia Mischief Theatre è puro humor britannico al suo meglio. Funambolico, fresco, improvvisato, surreale, a cavallo di Natale dell'anno scorso hanno girato una serie di sei episodi per BBC One che è un piccolo capolavoro. Rinnovata per una seconda stagione, in Italia non sono riusciti a trovarli né su Netflix né su Prime. Ma se cercate bene bene altrove, secondo me saltano fuori: valgono lo sforzo. Qui e qui due esempi. Se capitate a Londra, dove sono stabili a un teatro del West End, oppure se vengono in tour, andate a vederli dal vivo. È meglio.


TSUNDOKU LIVE
Giusto quel paio di vecchi classici che vale la pena ascoltare ancora

NPR Music Tiny Desk Concert dei Khruangbin è uno degli esempi di concerto di questo trio poliedrico, nato a Houston nel 2009 che si muove tra soul, dub e psichedelia (qui suonano invece al Pitchfork Live) che da più di dieci anni si è costruito una solida reputazione ricreando un genere musicale trasversale che viene definito Thai funk (pensa te). Il chitarrista Mark Speer, che poi è anche l'autore della musica, è un personaggio musicalmente piuttosto eccentrico e talentuoso, che suona la sua chitarra (ne possiede una sola, dall'inizio della carriera) come se dovesse fare la parte vocale. Si capisce un po' di più la filosofia del gruppo con questo rig rundown suo e di Laura Lee fatto da Premier Guitar: una sola chitarra da sempre a cui cambia le corde una volta a stagione, un solo plettro da una vita (che ormai è tondo da quanto è consumato) e tre pedali per grazia concessa, generano un suono tutta melodia e contrappunto. Lei è ancora più particolare, perché ha sempre lo stesso basso dalle superiori, una copia del Precision della Fender, per di più con le stesse medesime corde da dieci anni. Nonostante tutto, suonano da dio (senza contare le parrucche). Ah, dimenticavo: il batterista si chiama Donald Ray "DJ" Johnson Jr. ed è un altro fenomeno, di quelli che usano per tarare gli orologi atomici, oltre ad essere un produttore hip hop notevole. Insomma, da seguire. 


TSUNDOKU POETRY ROOM
La stanza della poesia di Mostly Weekly

The sun and her flowers di Rupi Kaur è la seconda raccolta di poesie non ancora tradotte in italiano dell'autrice di Milk and Honey. Kaur è una giovane poetessa moderna, contemporanea, audace e al tempo stesso capace. Il New York Times ha scritto di lei che scrive "Poems tackling feminism, love, trauma and healing in short lines as smooth as pop music". 


LUDOLOGIA
Enjoy the game

Bioshock (la serie) di Ken Levine/K2 è una trilogia di videogame molto particolari. A volerla classificare è una serie di action rpg con forti elementi di sparatutto in prima persona, del genere survival horror. I tre titoli (BioshockBioshock 2 e Bioshock Infinite) sono disponibili per svariati ambienti (Xbox 360, Playstation 3, Pc, Mac e adesso Switch) e portano avanti una narrazione interattiva e ambientazioni affascinanti. Levine è uno dei migliori autori di videogiochi in circolazione ed ha ambientato la storia in un retrofuturo steam-punk (anzi, più propriamente diesel-punk visto che è collocata nella prima metà del Novecento) molto particolare: anni Trenta e poi anni Dieci del XX secolo. Il ciclo di Bioshock affronta temi etici e filosofici. Tuttavia, lo fa non soltanto sulla base delle scelte attive del giocatore, sulla falsariga cioè di altri giochi in cui scegliere ad esempio se rubare oppure comportarsi legalmente aprono a sviluppi completamente diversi del personaggio e della trama. Invece, la serie di Bioshock, soprattutto i primi due titoli, approfondisce anche i temi morali ed etici dello sviluppo di una società in cui siano prevalenti il pensiero filosofico oggettivista di Ayn Rand e l'Eccezionalismo americano, cioè la convinzione degli Usa di essere qualitativamente differente da ogni altra nazione sviluppata grazie alla sua storia, ai suoi ideali, alla provenienza dei suoi abitanti e all'evoluzione delle sue istituzioni politiche e religiose. Il risultato, con la sua ambientazione totalmente distopica, è da un punto di vista narrativo e visivo la creazione di una mente decisamente disturbante. Il che, in un gioco survival horror, è fondamentale. 


I link non hanno alcuna affiliazione, puntano solo all'oggetto culturale citato.


“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it.”

– G.K. Chesterton.


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