La newsletter omonima a margine del canale Telegram
(quella che esce quando è pronta)
A cura di Antonio Dini Numero 9 ~ 5 maggio 2019
And now, ladies and gents, an ol' riddle:
“This thing all things devours:
Birds, beasts, trees, flowers;
Gnaws iron, bites steel;
Grinds hard stones to meal;
Slays king, ruins town,
And beats high mountain down.”
(la soluzione alla fine)
Lettera 22 - Foto © Antonio Dini
In questo numero:
MOSTLY, I DON'T TYPEWRITE
Ora, c'è questo pensiero, anzi questa serie di cose che mi navigano in testa, ma che non so bene come tirare fuori e mettere in ordine. Ci provo qui, abbiate pazienza, questa volta è andata così.
Qualche giorno fa il mio amico Y. mi ha detto che aveva pensato di comprare una macchina per scrivere ovviamente usata: una Lettera 32 di Olivetti (si trovano su eBay e dintorni a 50 euro o meno, ancora funzionanti, perché lui la voleva usare). Siccome Y. è giovane, ma davvero molto giovane, il suo non è un ritorno all'analogico quanto piuttosto una scoperta del passato. E ci sta che la voglia fare: su mia istigazione aveva anche letto il libro di Marie Kondo, prolegomeno a qualsiasi follia casalinga ed esistenziale. Sì, la maledetta giapponese del riordino magico: butti via tutto e come per magia quel che resta (cioè niente) è in ordine... Una macchina per scrivere, come vedremo tra un attimo, è lo strumento perfetto per il decluttering digitale. O no?
Insomma, chattare un po' con Y. di macchine per scrivere - visto che lui ed io poi questo facciamo per vivere, anche se prevalentemente per il web - mi ha fatto venire fuori dei ricordi. Intanto, che sono vecchio. Ho imparato a scrivere a scuola con la stilografica (c'erano già le Bic, ma erano sconsigliate), sono venuto su scrivendo con una macchina per scrivere meccanica (layout ovviamente QZERTY) che mi aveva regalato mio nonno (una BMB 232 color pistacchio (Jpg), versione spagnola low-cost della Olivetti Lettera 32). Ho fatto in tempo a vivere un pezzetto di "rivoluzione" in ufficio da mio padre, dove andavo a scrivere racconti e i primi articoli, prima con le elettriche (Olivetti Tekne 3, se non sbaglio, e poi Praxis 48), poi con la extraterrestre "pallina" (Olivetti Lexicon 90, ho ancora tre palline a casa: se vi ricordate era la sigla del Tg3 degli anni Novanta. Cambiavi pallina e cambiavi font). E infine quella dotata di memoria e display LCD per tre o cinque righe di testo: una fantascientifica Triumph-Adler che ricordava un paio di pagine di testo e poteva ribatterlo in più copie, ad libitum. Lo so, è difficile mettere un'anima in un elenco di macchine per scrivere, tuttavia ognuna di queste fasi per me è stato un passaggio, con qualche centinaio di pagine scritte pian piano, una battuta alla volta (e non fatemi parlare dei quadernini con la stilo...).
Più o meno in quel periodo ho scoperto il computer (il Commodore 64 e dopo il Macintosh), e per moltissimo tempo non mi sono più guardato indietro. A parte l'eccezione, quasi venti anni fa, dell'esame da giornalista professionista, che all'epoca si faceva sempre con la macchina per scrivere e che aveva mandato nel panico i miei colleghi più giovani: non vi dico trovare in qualche negozio un nastro di scorta.
Quattro o cinque anni fa, in piena retromania ho però cominciato a percorrere a ritroso quel pezzetto di vita. A Milano ho trovato il Museo della macchina da scrivere di Umberto Di Donato - un collezionista-accumulatore fuori dall'ordinario - e poi gli amici di Ivrea del museo di Olivetti che hanno fatto da apripista anche per altre storie più "informatiche" (ma c'è anche il Typewriter Museum). E ho comprato qualche libro qua e là: da Typewriter Art, a Modern Anthology di Barrie Tullet (una bomba, davvero!), a The Typewriter Revolution di Richard Polt, fino al piccolo Typewriter: The History, The Machine, The Writers di Tony Allan, per dirne solo alcuni. Ho messo assieme anche altro materiale molto più esoterico sull'argomento, magari ne riparliamo.
E poi la rete. Da questo folle americano, Joe Van Cleave, che ha macinato un paio di centinaia (yes!) di videocast sulle "typewriter" (attenzione, è veramente fuori di testa) all'articolo del New Yorker che racconta la storia della Lettera 32 di Cormac McCarthy venduta da Christie's per un quarto di milione di dollari nel 2009 perché dopo 50 anni perdeva colpi (e l'autore ne ha prontamente comprata un'altra a 11 dollari da un amico per continuare a scrivere) al manuale originale della Lettera 22 che documenta numerose funzioni non intuitive (pdf in inglese) (qui invece c'è una miniera di altri manuali), fino al colossale Typosphere, l'autore delle Bibbie per riparare le macchine, l'utilissimo database online, poi l'immancabile Reddit, l'hashtag su Twitter (molto nutrito), il ricco forum, quello che prova a scrivere con la tastiera di un pianoforte e qualche curiosità surreale come chi si chiede se un tempo le persone si portassero la macchina per scrivere in aereo come si fa oggi con i portatili (risposta: no). Senza contare infine gli spagnoli dietro al tema minimalista per Linux e per Tmux in particolare, chiamato ovviamente Typewriter (in pratica: i3 e Openbox sopra LXDE).
E ovviamente c'è sempre il solito dubbio lancinante: macchina PER o macchina DA scrivere? L'Accademia della Crusca online è cerchiobottista e dà ragione a tutti anche se forse il "da" sarebbe più corretto del "per", che invece io preferisco.
Ecco, pian piano è uscito un buon numero di pensieri che mi rotolavano nella testa. Nel frattempo Y. ha deciso di non comprare una macchina che non sentirebbe sua, cioè della sua epoca, e soprattutto non userebbe. Per quanto riguarda me, invece, le volte che ho rimesso mano alla vecchia tastiera di un tempo - più quella di una meravigliosa Lettera 22 che mi ha regalato il caro amico L. (era del suo babbo), che sto ripulendo con dedizione - la voglia di scrivere ahimé si spenge subito. L'abitudine alla videoscrittura e alla tastiera "morbida" del computer è invincibile (almeno, per me). Il decluttering digitale forse non passa da qui.
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LA TASTIERA PIÙ BELLA DEL MONDO
Mi piacerebbe molto poter dire che ho scritto questa newsletter con la più bella tastiera del mondo. In realtà, l'ho scritta com una delle meno apprezzate (quella del mio MacBook 12 pollici, che su Reddit sospettano abbia problemi più importanti che non quelli con la polvere). Ma ce n'è un'altra che, come una specie di cotta tardo adolescenziale, mi porto dietro da anni. Il fatto è che l'ho comprata nel 2015. Ma non è mai arrivata. Perché WayTools, l'azienda californiana che l'ha inventata e sta cercando di produrla, non è mai riuscita a finalizzare il prodotto. Prima due anni di miglioramenti hardware, e adesso altri due anni di miglioramenti software. Ma alla fine, questa tastiera magica non è ancora disponibile, anche se loro seguono il modello Tesla e prima si prendono i soldi, poi quando è pronto ti danno la cosa (o ti rifondono al 100% in qualsiasi momento). È una vera azienda con dei grandi problemi (che non sanno gestire) o una grande furbata per fregare un po' di soldi a tanta gente? Pare la prima, però chissòà
Intanto, i miei 100 dollari sono là che hanno finanziato un gruppo di tizi che sta cercando di fare qualcosa che a quanto pare nessuno ha mai fatto prima: creare una piccola tastiera multitouch tascabile, sexy, flessibile e altamente efficace. Perché in realtà un po' ne hanno prodotte e sono in prova da un selezionato sottogruppo di acquirenti.
Textblade (la "lama del testo") è un aggeggino che si ripiega in tre. Ergonomica, minuscola, potente, il sogno di chiunque scriva come un indemoniato, capace di trasformare anche uno smartphone in uno strumento di scrittura pressoché completo. Ci sono articoli che ne parlano e anche utenti che fanno parte della sperimentazione. Certamente non è la tastiera che fa lo scrittore (o il pennello il pittore), ma un po' aiuta. Peccato che non si decidano a mandarmela.
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QUEL MALEDETTO PDF
Per finire questa improvvisata trilogia di cose sparse legate alla scrittura, vale la pena parlare un attimo di formati. Se voi doveste distribuire il più importante rapporto frutto di una indagine sull'uomo più potente del pianeta, il Presidente degli Stati Uniti, come fareste?
La legge americana obbliga a rendere pubblico il rapporto Mueller, ma al tempo stesso ci sono una serie di parti che devono essere omesse dal rapporto finale. Siccome gli Stati Uniti hanno scoperto che le pecette dei Pdf sono pericolose - grazie a Gianluca Neri, peraltro - adesso ricorrono a pdf che sono scansioni (immagini) di pdf stampati dopo essere stati pecettati. C'è chi ha scritto una lunga riflessione "tecnica" al riguardo, sottolineando l'aspetto storico-sociale del pdf:
This article offers two things:
a brief, high-level technical assessment of the document, and
a question of culture: why everyone assumes it would be delivered as a PDF file — and would have been shocked otherwise.
Ovviamente, essendo stato scritto dal presidente della Pdf Association, diciamo che ha una visione positiva del formato digitale per la stampa dei documenti. Per me il problema è l'opposto: il pdf è comodo come rapido "salva-contenuti" e si archivia anche bene, ma è diventato onnipresente - troppo - e ogni tanto provano anche a renderlo multimediale. Sono insomma per introdurre la modica quantità dei pdf.
Capisco l'importanza di avere un formato che "congeli" anche da un punto di vista degli utenti il contenuto, ma sono contrario al monopolio dei pdf, che invece è ventilato da Duff Johnson: "PDF is the only document format capable of carrying the cultural and technical requirements for important communications in the modern age." Mah!
La vera bicicletta per la mente? - Foto © Antonio Dini
TSUNDOKU
Perché, quando si comprano libri e non si leggono ma si accumulano e basta, c'è una parola (giapponese) per dirloIn questi giorni mi sono capitati fra le mani:
Riddle solution: "Time"
::END::
Bonus track: From the end credits to the end-game